sabato 13 gennaio 2018



Teresa Margolles. Tra estasi e critica


Teresa Margolles (Culiacán, Sinaloa, Messico, 1963) modula il percorso espositivo della Tenuta Dello Scompiglio dirigendo l’osservatore verso un sentimento di stupore, come attonito, che da sublilmente estetatico, si trasforma in brutale impatto critico
Ricordando alcune interviste fatte a manifestanti femministe durante le proteste negli anni 70 : “La relazione tra i sessi è una relazione politica. Un problema personale di una donna è un problema politico.”
Nelle tre opere esposte nella mostra Sobre la Sangre curata da Francesca Guerisoli e Angel Moya Garcia presso lo SPE – Spazio Performatico ed Espositivo della Tenuta Dello Scompiglio, le tracce e i corpi si susseguono con una particolare  attenzione a quegli oggetti limitrofi e spettatoriali rispetto all’ “incidente”  sul corpo stesso. Il corpo diventa una topologia socializzata la cui pregnanza affonda alle radici dell’odio di genere, il cui tema é centrale in tutto il percorso espositivo. Il femminicidio e la violenza diventano simbologie più ampie di condizioni storiche che trascendono il singolo episodio in una societá androcentrica che tollera la stessa esistenza di certe pratiche del potere.
L’arte in questo senso diventa pratica e azione per trasformazioni di rilievo e appropriazioni dello spazio sociale e urbano in cui si afferma l’inuguaglianza portandone alla luce le regole dissimulatorie.  Frazada ( La Sombra) é un’istallazione che si disloca e muove nello spazio pubblico, in questo caso nella cittá di Lucca, per trovare collocazione finale all’entrata esterna della Tenuta dello Scompiglio. L’importanza del suo orbitare nel contesto pubblico é dato dal ruolo che lo spazio stesso assume nei movimenti di riappropriazione di libertá dei cittadini, ma anche dal fatto che l’installazione diventa un locus amoenus e un metaluogo. Un ombrellone che accoglie chiunque voglia trarre rifrigerio dalla sua ombra diventa, ad una piú scrupolosa osservazione, la prova dell’orrore inflitto. L’installazione itinerante consiste in una coperta sostenuta da una montatura metallica impregnata di sangue di una vittima di femminicidio. L’elemento ematico si disvela come una reliquia sacra.

Frazada (La Sombra), 2016, Courtesy l’artista. Foto Rafael Burillo

Qui inizia il percorso graduale che si estende fino alla sua climax nelle sale piu interne; percorso che si muove verso un senso di conoscenza che si manifesta lentamente, giungendo nelle ultime opere, quasi nascoste in fondo a bui corridoi, come una rivelazione lapalissiana.
Il labirinto semioscuro sottolinea la ritualità di un passaggio di memoria contro l’omertà; i racconti delle vittime senza nome, una volta recuperati, non devono diventare materiale obsoleto.
Il lirico realismo di Teresa Margolles e il suo impatto feroce verso tematiche a lei care e spesso legate al suo paese di provenienza emergono ancora di piú nell’opera Wila Patjharu/ Sobre la sangre che immerge lo sguardo di crudele bellezza. Una tela lunga 25 metri si disloca lungo un corridoio la cui unica illuminazione proviene dal tavolo su cui poggia, enfatizzando lo splendore dei ricami di paillettes, perline e fili iridescenti. Ciò che si osserva inizialmente è solo magnificenza. Decorazioni di figure antropomorfe, fiori, draghi e motivi astratti.

Wila Patjharu / Sobre la Sangre, 2017. Courtesy l’artista. Foto Rafael Burillo

L’atto di perturbare è rivelatorio. Le macchie di sangue che coprono tutta la tela si uniscono ai ricami in un tragico idillio. La narrazione muta che vi si dispiega e’ quella di dieci vittime di femminicidio a La Paz in Bolivia.  La tela e’ stata ricamata e disegnata da sette artigiane dell’etnia Aymara secondo le tecniche tradizionali degli abiti della danza boliviana.
Si stratificano due storie: una drammatica e ingiustificabile e una di possibile “redenzione”/ trasformazione dell’elemento tragico. Una speranza che si insinua nella percezione visiva dell’opera: come il folklore e la tradizione riescano a trasmutare l’orrore. L’oggetto in questione subisce un processo di appropriazione che lo trasforma da prova tangibile del delitto tramite un destorificazione universale mutandolo da prova in messaggio. Il cucito é il simbolo del femmineo piú comunemente riconosciuto; in questo caso diventa strumento di emancipazione e riconoscimento di un identità molteplice, quella delle lavoratrici e quella delle vittime.

Il Testimone, 2017 Oisiris “La Gata”, 1984-2016). Courtesy l’artista. Foto Rafael Burillo

La morte, tematica cara all’artista, si manifesta nelle sue sembianze più atroci ma è anche quell’entità e voce ultima che rimane alle donne uccise di cui l’artista si fa mediatrice.
Due stretti corridoi portano infine verso l’ opera site specific Il Testimone. Lungo essi si può scegliere cosa ascoltare e con quale intensità, ma non si può scegliere di sottrarsi alle storie delle due prostitute transessualiKarla e La Gata le cui foto sono mostrate in fondo in bianco e nero come figure evanescenti. Entrambe sono state uccise per il loro semplice essere. Sono storie di sofferenze, difficoltà e speranze vanificate.
Il termine femminicidio assume una nuova connotazione grazie all’antropologa Marcela Lagarde unendo in esso non solo l’atto del carnefice che uccide la vittima in quanto donna, ma ritenendo in ugual misura responsabili le istituzioni e autorità che lo hanno permesso con impunità e complicità. I processi di memoria così come il dare una storia e un nome alle vittime, permettono di rompere l’incorporazione data per naturale di certe rappresentazioni e identità sociali.  Contro la storia ufficiale si stagliano le voci e narrazioni di donne comuni che aprono un dibattito su come la forza simbolica del consenso distolga volontariamente l’attenzione dalle disposizioni del dominio. In questo asse di denuncia si collocano le opere dell’artista che funge da intermediaria tra la votazione attiva alla causa e l’ archivista di voci dimenticate.
Francesca Biagini

Nessun commento:

Posta un commento