martedì 22 marzo 2016


Blind Injections | Giacomo Raffaelli

Sonic Somatic è un festival diffuso che coinvolge luoghi diversi della città di Firenze: il cortile di Palazzo Strozzi, il Cimitero degli Inglesi, il Museo Marino Marini e l’Osservatorio di Arcetri, all’interno dei quali vengono presentati progetti sonori site-specific in contatto con l’identità culturale e l’architettura della citta’ di Firenze.
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 installation view at Arcetri Astrophysical Observatory courtesy: the artist and Sonic Somatic
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 installation view at Arcetri Astrophysical Observatory courtesy: the artist and Sonic Somatic
Nella biblioteca dell’Osservatorio di Arcetri Giacomo Raffaelli (Rovereto,1988) ha realizzato Blind Injections, un’installazione audiovisiva che esplora l’attività dell’interferometro VIRGO, rilevatore di onde gravitazionali presente nella provincia di Pisa.  La pratica artistica di Giacomo Raffaelli negli ultimi anni si è soffermata sugli aspetti periferici e collaterali della ricerca scientifica.
VIRGO e’ composta da due lunghi tunnel di 3 km blu che si estendono nella campagna pisana dai quali parte un raggio laser finalizzato alla ricerca delle onde gravitazionali al fine di sondarne l’esistenza in quanto fenomeno ancora rimasto oscuro. Le onde gravitazionali sono l’unica parte della teoria di Einstein del 1916 di cui non è mai stata trovata prova diretta in natura.
L’interferometro è un apparato che sonda l’universo in uno spettro di frequenze che è perfettamente coincidente con quello dell’orecchio umano: questo ha portato alla creazione di un dipartimento all’interno di VIRGO che specificatamente si dedicasse all’ascolto della macchina e i disturbi dell’apparato il cui nome è Centro di diagnostica uditiva, il corpo umano percio’ interagisce con il suono e ne fa da tramite.
Queste curve di sensibilità hanno ispirato la soglia dell’installazione su cui è recata la scritta devi cercare tutti I rumori che limitano la tua sensibilità ,frase estrapolata dal contesto scientifico riferito al ruolo che deve svolgere l’interferometro, e resa elemento di ingresso all’installazione sonora, abbandonando la propria specifica tecnicità.
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 still from video courtesy: the artist and Sonic Somatic
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 still from video courtesy: the artist and Sonic Somatic
I video presenti sul ballatoio della biblioteca esplorano il tentativo di immobilizzare perfettamente l’apparato di VIRGO attraverso una struttura che è in realtà in perpetuo movimento nel tentativo utopico di cercare di immobilizzare un oggetto portandolo nello spazio cosmico e astraendolo dal pianeta. Nelle sequenze filmiche tutto è in movimento proprio perche’ per immobilizzare del tutto un oggetto si deve creare una struttura che in realta’ e’ completamente mobile. L’audio di Blind Injections, pensato per essere diffuso all’interno della Biblioteca, è una rielaborazione della banca dati dei rumori identificati dallo strumento VIRGO dalle cui curve di sensibilita’ sono stati estrapolati tali suoni: suoni funzionali, catalogati come disturbi ma dall’artista trattati secondo il loro aspetto sonoro e uniti in un ‘unica composizione quadrifonica.
Non c’e’ relazione diretta tra i due elementi dell’installazione, seppur entrambi provenienti dalla stessa fonte, semplicemente rispondono a quello che è l’aspetto utopico di questo esperimento.
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 still from video courtesy: the artist and Sonic Somatic
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 still from video courtesy: the artist and Sonic Somatic
VIRGO è un’attitudine, uno stato d’animo e un punto di congiungimento tra arte e scienza in quanto entrambe le discipline possiedono l’analoga predisposizione alla costante indagine che porta a porsi continue domande che non sempre genereranno risposte ma solo altre domande, aprendo pero’ piu’ punti di vista, e permettendo di spaziare maggiormente nella nostra conoscenza. L’arte puo’ essere un veicolo per la scienza cosi come la scienza lo puo’ essere per l’arte.
Il titolo Blind injection rappresenta un elemento di oscurità e cecità legato al sonoro ma è anche un’operazione specifica ache avviene all’interno dei laboratori di VIRGO. Il centro scientifico con sede nelle vicinanze di Pisa e’ collegato a due esperimenti partner negli Stati Uniti che, per arrivare a captare un’onda gravitazionale, devono essere attivi contemporaneamente e devono sapere lavorare all’ unisono in modo perfetto: per testare questa capacita’ gli scienziati di VIRGO hanno pensato di dare il compito ad un ente esterno da loro di immettere nei loro sistemi un’onda gravitazionale a tradimento, finta, per essere certi di saper gestire la procedura nel caso in cui accadesse davvero, e questa operazione si chiama Blind Injection.
Francesca Biagini
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 installation view at Arcetri Astrophysical Observatory courtesy: the artist and Sonic Somatic
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015
installation view at Arcetri Astrophysical Observatory
courtesy: the artist and Sonic Somatic

I can reach you (from one to many)


I can reach you (from one to many) è una mostra articolata in tre progetti diversi che si sono sviluppati tramite residenze presso la Tenuta dello Scompiglio e che propongono una riflessione sul tema del dialogo e dell’incontro, ampliando la fase espositiva grazie al coinvolgimento del pubblico con un calendario di incontri e appuntamenti fino a marzo 2016.
Bianco-Valente Frequenza fondamentale, 2015 Courtesy gli Artisti e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Bianco-Valente, Frequenza fondamentale, 2015, Courtesy gli Artisti e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Il lavoro collettivo tra i curatori (Daria Filardo, Pietro Gaglianò e Angel Moya Garcia) e gli artisti (Bianco-ValenteClaudia Losi Valerio Rocco Orlando) ha portato ad un’elaborazione del significato di relazionarsi con gli altri, (raggiungere, cioè anche toccare, ma anche comprendere/capire) trasformandolo in un diagramma  che si dirama da uno a molti, verso linguaggi molteplici che comunicano e producono pensiero critico. La mostra si configura come un’esperienza di esplorazione di possibilità più che come un’esposizione di progetti singoli.
Nel grande spazio espositivo della Tenuta dello Scompiglio si trova l’installazione Frequenza Fondamentale del duo artistico Bianco-Valente. In questo spazio-tempo alterato da suoni e luci che riprendono la massa e la velocità di rivoluzione dei pianeti del sistema solare, proviamo a orientarci piegando e dispiegando la nostra interiorità ed emotività grazie a questa frequenza di incontri, geologicamente in relazione tra il nostro corpo e quello degli altri. Attraverso una connessione di energie e parallelismi tra la dislocazione espositiva sotteranea e i moti rotatori dei pianeti, gli artisti inventano dentro lo spazio espositivo un nuovo universo la cui materia strutturale sono le relazioni umane.
Bianco-Valente, Frequenza fondamentale, 2015 Courtesy gli Artisti e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Bianco-Valente, Frequenza fondamentale, 2015
Courtesy gli Artisti e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Dove il passo di Claudia Losi è il racconto del pellegrinaggio dell’artista da Piacenza allo Scompiglio. Nell’estetica relazionale dell’opera il viaggio diventa una forma di conoscenza, di riflessione e di dialogo con il territorio in cui si incontrano dei punti di riferimento, come gli indicatori orientativi del camminatore, che si trasformano in esperienze personali, parole, colori e misure. Il ritmo del passo ,in quanto rallentato, intensifica la percezione di tracce geografiche ed emotive.
Claudia Losi Dove il passo, 2015 Courtesy l’Artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Claudia Losi, Dove il passo, 2015, Courtesy l’Artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Il lavoro di Valerio Rocco OrlandoUna domanda che cammina, riflette sempre sul tema del cammino ma con uno studio diviso per fasi, di cui vediamo la prima tappa durante l’inaugurazione della mostra in cui il linguaggio si fa pellegrino. All’interno di un laboratorio in cui i partecipanti sono invitati a tracciare le successive tappe tra Lucca e Altopascio, il pubblico diventa attivo creatore dell’opera tramite un discorso rivolto ad una persona alla volta  su temi come ospitalità e pellegrinaggio come produzione di nuovi significati.
Francesca Biagini
Valerio Rocco Orlando Una domanda che cammina, 2015 Courtesy l’Artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Valerio Rocco Orlando, Una domanda che cammina, 2015, Courtesy l’Artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio

Betty Woodman e Fredrik Vaerslev: doppia personale al Museo Marino Marini

Presso il Museo Marino Marini di Firenze sono esposti i lavori di Betty Woodman (1930) e Fredrik Vaerslev (1979), due artisti molto distanti per collocazione geografica, generazione e linguaggio artistico, ma limitrofi nella costante ricerca oltre il proprio medium verso continue contaminazioni.
Betty Woodman, Fra Angelicos Room_Courtesy the artist and Isabella Bortolozzi Galerie, foto Bruno Bruchi

La mostra dell’artista americana Betty Woodman (vissuta per molti anni in Italia ad Antella, frazione di Bagno a Ripoli), curata da Vincenzo De Bellis, si concentra particolarmente sugli ultimi 15 anni di produzione artistica, seppur la sua carriera con la ceramica abbia avuto inizio nel 1950.
Per l’artista la ceramica è come un linguaggio che diventa spontaneo come gli automatismi del pensiero. La sua è una ceramica che dalle arti decorative si è avvicinata fino a punti di congiunzione con la pittura, sia tramite un dialogo diretto e relazionale come negli spazi del museo tramite il confronto con le opere dell’artista Marino Marini o con la tradizione del rinascimento italiano, sia tramite uno sguardo referenziale verso le forme e i colori di artisti come  Picasso o Matisse.
Il percorso espositivo si apre con l’opera Of Botticelli, 2013 con ceramiche che si presentano in forma di colonna riprendendo la tradizione del rinascimento e delle vedute a trompe l’oeil da cui si scorgono paesaggi dell’immaginario.
Betty_Woodman_ Of Botticelli_Courtesy the artist and Isabella Bortolozzi Galerie
Betty_Woodman_ Of Botticelli_Courtesy the artist and Isabella Bortolozzi Galerie
L’artista forza i limiti  del suo mezzo d’elezione unendo nelle sue opere più recenti elementi tridimensionali con tele, opere che lei stessa definisce pitture con giochi di prospettiva.
Nel Sacello della cripta l’artista opera una riflessione più amplia che parte proprio dall’emblema e dalla tradizione dell’arte decorativa in ceramica cioè il vaso o l’anfora, tramite un’analisi di metalinguaggio, che parte dalla lavorazione stessa della ceramica che da oggetto plastico e plasmabile si fa materia rigida, per arrivare al suo basamento in legno, in cui scultura e base si influenzano e commistionano a vicenda.
L’ambiente domestico è un costante riferimento nelle opere esposte, sia nei titoli, sia nell’utilizzo della tela, ad esmpio appoggiata a terra come un tappeto. Al secondo piano si pongono in stretto dialogo le opere dell’artista Americana e le sculture di Marino Marini della collezione permanente. La figura femminile è al centro di questa relazione tra i vasi colorati di Betty Woodman con donne orientali, nudi e amanti, in cui gli smalti e le resine traducono una femminilità delicata e le figure in gesso e bronzo dell’artista italiano dai volumi pieni e saldi che si figurano impenetrabili, ma proprio in questo rapporto ne risultano esaltate le forme, nell’alternarsi di linea retta e giocosa sinuosità.
Betty Woodman Low Triptych Seaside Still Life foto Bruno Bruchi

L’artista norvegese Fredrik Vaerslev presenta in questa mostra a cura di Alberto Salvadori due serie di opere create appositamente per gli spazi del Marino Marini : Trolley Paintings e Glass Paintings.
trolley paintings sono realizzati con una straiping machine come quelle utilizzate per marcare i campi di atletica o strade e autostrade, il cui movimento automatico e predefinito della macchina e’ lasciato al caso mettendo in conto in questo modo l’accidentale malfunzionamento della macchina stessa e la possibilità di spruzzi e perdite.
Frederik Vaerslev, Untitled 2015 Spray paint on frosted plexi / Wooden support / light bulb and power cord Unique
Frederik Vaerslev, Untitled 2015, Spray paint on frosted plexi / Wooden support / light bulb and power cord
Andando oltre l’autoriale controllo, l’artista permette al gesto di esprimersi liberamente e al processo di entrare nell’astrazione.
I lavori in vetro segnano un contrappunto formale corripsettivo alle tele. Riprendendo oggetti della cultura folk norvegese derivati dalla tradizione artigianale della comunità rom, sono in vetro traslucido smerigliato. Illuminati da una lampadina montata su in piedistallo come un’opera scultorea, la luce che ne deriva permette alle trasparenze e al vetro di ricreare un’atmosfera suggestiva che esalta  lo spazio espositivo e di conseguenza presenta coerentemente la propria collocazione in esso.
La pittura viene posta direttamente sul vetro con una bomboletta spray e poi pressata a terra e rimossa con carta igienica e raschia-ghiaccio. L’astrazione dell’opera non lascia traccia della peculiarità del processo creativo, seppur si ricolleghi alla tradizione della lavorazione della pietra, ma permette tramite l’immaginazione di ricreare paesaggi e scenari fantastici.
Francesca Biagini
Frederik Vaerslev, Untitled 2015 Spray paint, Thinner and turpentine on linen canvas Wooden stretcher Unique 150 x 200 cm
Frederik Vaerslev, Untitled 2015
Spray paint, Thinner and turpentine on linen
canvas Wooden stretcher
Unique
150 x 200 cm
Frederik Vaerslev, Untitled 2015 Spray paint, Thinner and turpentine on linen canvas Wooden stretcher Unique 150 x 200 cm
Frederik Vaerslev, Untitled 2015
Spray paint, Thinner and turpentine on linen
canvas Wooden stretcher
Unique
150 x 200 cm
 Betty in her studio Italy 2012




WALKING ON THE PLANET

Gli artisti che hanno abitato San Giovanni Valdarno hanno indagato lo spazio confrontandosi con il suolo pubblico e i luoghi adibiti all’esposizione e intessendo relazioni reciproche riguardo al ruolo dell’arte come fattore di dialogo tra persone e ambiente.
20 giugno –26 luglio 2015
Casa Masaccio | Casa Giovanni Mannozzi | Palazzo Panciatichi
San Giovanni Valdarno
a cura di Pietro Gaglianò
con Vincenzo Cabiati, Pierluigi Calignano, Remen Chopra, Gaetano Cunsolo, Fabio Cresci, Giovanni De Lazzari, Orietta Fineo, Vibha Galhotra, Francesco Lauretta, Concetta Modica e Sophie Usunier, P.S. Jalaja, Pantani-Surace
e con la collaborazione di  Matteo Coluccia, Simona Di Giovanni, Stefano Macaione e Daniela Pitrè
Walking on the Planet è un progetto di residenza artistica in cui nove artisti italiani ( entrati precedentemente in contatto con il terriotorio toscano tramite la collaborazione con Madeinfilanda) e tre artiste indiane hanno dialogato, creando opere site-specific, con il terriorio di San Giovanni Valdarno.
I tredici artisti, i cui lavori hanno portato a episodi di coesione e dialogo con il pubblico, hanno allestito i loro lavori negli spazi di Casa Masaccio e Casa Giovanni Mannozzi.
La Camera delle Meraviglie, allestito nello storico Palazzo Panciatichi, con le opere di diciassette artisti presenti in scorse edizioni di Madeiniflandia, affianca i progetti degli artisti in residenza, riprendendo le Wunderkammer cioè i gabinetti delle curiosità della tradizione rinascimentale e riproponendo una raccolta, uno studiolo privato, di opere dalle caratteristiche eccezionali e capaci di creare stupore ( mirabilia) indagando i confini tra naturalia e artificialia.
Gli artisti coinvolti sono Adalberto AbbateStefano ArientiBianco-ValenteFrancesco Carone,Antonio CatelaniFrancesco De GrandiMarta Dell’AngeloPaolo FabianiSerena Fineschi,Michele GuidoAmedeo MarteganiNero/Alessandro NerettiPaolo ParisiLuca PozziLuigi PresiccePedro Riz à PortaEugenia Vanni.
Camminare muta il rapporto spazio-tempo-persona, delineando fasi di cambiamento, attraversamento e arrivo e allo stesso tempo permettendo di esplorare l’ambiente circostante con una maggiore lentezza contemplativa e conoscitiva.  Nella residenza a San Giovanni Valdarno, si sono create narrazioni i cui significati mutano a seconda della personale visione dell’artista.  Per l’apertura dell’inaugurazione, l’artistaFabio Cresci ha proposto un dialogo aperto con una giovane escursionista, in cui le tematiche di viaggi, orientamento e strapiombi sono divenute metafore della pratica artistica, se non della vita stessa, intesa come continua capacità di preservare un pensiero critico ed indipendente, come continua resistenza.
La foto manifesto di Walking on the planet ricorda l’episodio del matrimonio delle volpi tratto dal film Sognidi Akira Kurosawa. Il bambino protagonista (nonostante sia stato avvertito dalla madre di non inoltrarsi nel bosco quando c’è l’arcobaleno perché i demoni volpe celebrano i loro matrimoni in queste occasioni e non vogliono essere visti), disubbidisce e intraprende il suo personale e duplice viaggio alla scoperta di quello che si rivelerà essere il cammino verso la sua crescita, l’assunzione di responsabilità, l’iniziazione all’età adulta. L’analisi del territorio circostante permette di riformulare le categorie del pensiero. Le storie iniziano quasi tutte con un viaggio che nelle sue fasi di separazione, svolgimento e arrivo/integrazione, comportano un’evoluzione altra, come esperienza meditativa in cui si ricongiunge il legame, quasi atavico, tra l’atto del camminare e l’atto di creare arte inteso anche come fondazione di nuove relazioni sociali all’interno del luogo.
Walking on the planet e’ uno degli eventi/mostre all’interno del nutrito programma del Museo Casa Masaccio.
Francesca Biagini



Arte contemporanea e Sciamanesimo


La scienza sciamanica ha influenzato ed affascinato artisti di ogni settore, da poeti come Henry Miller ad antropologi come Claude Levi Strauss fino ad artisti figurativi contemporanei.
Shaman Tableau
Shaman Tableau
In un’epoca storica di recessione, come quella contemporanea, la visione del cosmo propria dello sciamanesimo viene riportata in auge, sia dalle scienze moderne che dalle nuove interpretazioni dell’esistente. Questa inversione di tendenza è iniziata con le controculture degli anni ’60: dai viaggi verso la conoscenza di culture sconosciute, all’uso di sostanze psichedeliche, alla musica capace di trasportare a tal punto da alterare le nostre capacità percettive. Addirittura, in tempi recenti, le università statunitensi hanno ripreso a studiare le sostanze allucinogene per fini terapeutici.
Lo sciamano è una figura antica, tipica di società animiste, che rappresenta il saggio guaritore o ilprofeta messianico. La sua capacità principale è quella di riuscire a percepire le onde di energia non visibili e di viaggiare tramite stadi di trance nel mondo degli spiriti, riuscendo grazie ai suoi poteri a risolvere le problematiche della comunità di appartenenza. Gli sciamani hanno contribuito a conferire un’immagine dell’universo non più antropocentrica ma olistica, volta a vedere il mondo come un insieme organico dotato di propria sensibilità, una natura capace di comunicare tramite energie e trasmetterci informazioni. Parlando di arti figurative, Aby Warburg tracciò una relazione tra immagine e memoria sociale anche osservando rituali sciamanici della tribù degli indiani Pueblo del Nuovo Messico. Nel rituale sciamanico, il corpo assume un valore altissimo non solo come medium ma anche come elemento sociale e politico. Il corpo dello sciamano è borderline tra la sanità e la visione estatica, ma è anche elemento su cui si esplicano le sofferenze provenienti da agenti esterni in una sorta di transfert e trasmissione dei significati.
Il corpo è proprio uno degli elementi più indagati nell’arte contemporanea che si inteseca con lo sciamanesimo.
L’artista-sciamano per eccellenza è Joseph Beuys che, come un vero sciamano, aveva la sua personalissima “divisa”: indossava sempre un cappello di feltro, un gilet da pescatore e degli scarponi. Il suo corpo faceva da tramite ad un procedimento artistico in cui esso stesso assumeva funzioni salvifiche e ritualistiche. La sua “chiamata” verso lo sciamanesimo avvenne nel 1944 come descritto nella sua opera, in parte autobiografica, in parte mitica, Curriculum vitae/curriculum delle opere. Arruolato volontario nelle Luftwaffe il suo aereo fu colpito e Beuys riuscì a salvarsi scaraventato nella neve. Un gruppo di tartari nomadi della Crimea disseppellì il suo corpo e lo curò con ciò che la natura forniva loro, cioè grasso animale e feltro per ristabilire il suo calore corporeo. Questo fu il rito iniziatico di Joseph Beuys. Ilgrasso e il feltro divennero gli archetipi della sua produzione artistica. La performance I like America and America likes me è intrisa di questi elementi sciamanici. Beuys contrario alla guerra del Vietnam, arrivato in USA nel 1974 si fece recare presso la Rene Block Gallery su un’ambulanza avvolto in una coperta di feltro e si fece rinchiudere al suo arrivo in una gabbia insieme ad un coyote. Questo animale per i nativi americani rappresentava il Dio che aveva rubato il fuoco per gli uomini e che assurgeva a mediano tra mondo spirituale e mondo animale. Durante la performance Beuys si dedicava ad azioni rituali, ognuna con una diversa simbologia. Il dialogo con il coyote rappresentava perciò l’estrema rappresentazione della palingenesi di Beuys, in quanto nel corso della Storia, nel costante desiderio umano di dominio sulla natura, l’animale era giunto sul punto di estinguersi.
Photographs © Caroline Tisdall
Photographs © Caroline Tisdall
Photographs © Caroline Tisdall
Photographs © Caroline Tisdall
La star della Body Art Marina Abramovich utilizza elementi sciamanici e catartici nelle sue numerose performance, usufruendo del corpo come mezzo così come avviene nel suo celeberrimo The Abramovich Method che si pone come rituale terapeutico per il trattamento dei turbamenti contemporanei ed il raggiungimento di un’interiorità incontaminata. Tra eventi vari, l’artista si dedica sia alla creazione del suoMAI (Marina Abramovich Institute) sia all’organizzazione di viaggi nelle foreste del Brasile per incontrare tribù di sciamani (dalla cui esperienza dovrebbe essere prodotto un documentario). Nell’operaBalkan Erotic Epic, Marina Abramovich riprende il folklore dei Balcani in cui donne e uomini preservano le proprie energie attraverso l’erotismo, potente catalizzatore capace di avvicinare l’umano al divino, e in seguito mettono in atto numerose azioni esplicite con diverse finalità, come ad esempio, proteggere contro le forze del male.
still from: http://it.phaidon.com/agenda/art/picture-galleries/2010/march/22/documenting-the-performance-art-of-marina-abramovi-in-pictures/?idx=23&idx=23
still from: https://weidmanm.wordpress.com/2012/02/03/destricted-a-few-thoughts/
Il corpo come protagonista di performance rituali ed estreme si ritrova anche nei lavori dell’artista guatemalteca Regina Jose Galindo che denuncia le ingiustizie sociali dal genocidio tra gli indigeni Maya e Ixil, alle violenze della scuola Diaz durante il G8 di Genova, alle detenzioni dei Centri di Identificazione ed Espulsione. Tramite una dimensione di sofferenza e drammaticità torna su tematiche storiche appartenenti alla memoria collettiva e le denuncia in atti dal coinvolgimento persuasivo, come nella performance Raices tenutasi presso l’Orto Botanico di Palermo in cui mette in scena un rituale in cui, nuda a terra, pianta le sue braccia nel terreno fondendosi con il paesaggio per riflettere su tematiche come la razza, le origini e l’immigrazione. Insieme a lei altri corpi che ripetono il suo stesso gesto di abbracciare il paesaggio naturale, in un unico grande corpo fuso con la Terra.
Francesca Biagini

Photographs ©Giovanni Gaggia
Photographs ©Giovanni Gaggia
foto ©Giovanni Gaggia
foto ©Giovanni Gaggia