mercoledì 12 novembre 2014

STUDIO ++ / BREATHING AS A REVOLUTIONARY MESSAGE

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Studio ++, un progetto che approfondisce la relazione tra intimità e spazio pubblico.
Firenze, Palazzo Vecchio, 23.09.2014
a cura di Pietro Gaglianò
In una realtà in cui la dimensione pubblica vive un profondo smarrimento e quella intima diventa sempre più pubblica, le percezioni di entrambi sfumano. I confini tra dimensione pubblica e privata sono sempre più labili. Il pubblico si percepisce come un gruppo di identità contingenti e la città, cibreo di vite ed esperienze condivise, permette di individuare geografie seconde non identificabili con quelle così definite in senso stretto.
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Il collettivo Studio ++ (Fabio Ciaravella, Umberto Daina, Vincenzo Fiore) presenta nel cortile della Dogana di Palazzo vecchio il progetto site-specific Breathing as a revolutionary message composto da sette postazioni video in cui i cittadini di Firenze vengono invitati a respirare dentro un megafono, realizzando 80 video della durata di 30 secondi.
Il respiro è il primo gesto che si condivide nello spazio collettivo in cui le persone si incontrano e si relazionano. I luoghi in cui vengono effettuate le riprese, situati sia nel centro storico che nelle zone periferiche, identificati come emblematici dagli artisti, possono essere concepiti come “spazi aperti” o “all’aperto”, in cui respirare, amplificando e rendendo l’aria percepibile, definendo il nostro essere in vita. Le clip in cui l’atto respiratorio è registrato vengono esposte all’interno di una storica architettura, che protegge quasi il privato nel pubblico, delimitando parzialmente l’intimo e la permeabilità dell’interno e dell’esterno.
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Questi atti quotidiani compiuti in un’intima routine, esprimono la poetica dell’ordinarietà del microcosmo personale alla universalità del gesto e del messaggio. Il materiale video diventa fonte di discussione per porre domande e articolare linguaggi sullo spazio pubblico tenendo in considerazione il contesto in cui vengono generate. La condivisione sociale di un atto personale costituisce un mezzo per una partecipazione empatica verso la collettività. Si crea un cortocircuito tra lo spazio pubblico in cui i cittadini vengono invitati a contribuire respirando nel megafono e il luogo in cui il video viene esposto, dove il cittadino, da attore attivo, diviene ricettore del messaggio in cui, il diverso medium di interazione nelle due fasi, delimita lo spazio come mezzo di contatto tra persone e arte.
16[1]Un messaggio rivoluzionario viene lanciato per diventare argomento di elaborazione, attivando una consapevolezza, ponendo l’attenzione sui luoghi pubblici in cui interagiamo, moltiplicando il pensiero critico partendo dall’appropriazione di un gesto vitale, per una cittadinanza attiva invitata alla conoscenza e alla responsabilità sociale. Si può proporre un diverso rapporto tra cittadino e collettività, vista come un insieme di singoli, in cui l’identificazione dell’io intimo parte proprio dal confronto con l’esterno, con gli altri, che può essere un ulteriore moto per una riappropriazione dei propri tempi e spazi.
Le ricerche che hanno generato il progetto partono dall’Art Culture and Technology (ACT) program del MIT di Boston e prevedono ulteriori sviluppi con nuove esperienze in diverse città europee.

LUIGI PRESICCE | ALLEGORIA ASTRATTA DELL’ATELIER DEL PITTORE ALL’INFERNO TRA LE PUNTE GEMELLE

Luigi Presicce, Allegoria astratta dell'atelier del pittore all'inferno tra le punte gemelle, 2014, performance per un solo spettatore per volta, accompagnato. Teatro Studio, Scandicci (FI). Foto Dario Lasagni. courtesy l'Artista e Teatro Studio.
Luigi Presicce, Allegoria astratta dell'atelier del pittore all'inferno tra le punte gemelle, 2014, performance per un solo spettatore per volta, accompagnato. Teatro Studio, Scandicci (FI). Foto Dario Lasagni. courtesy l'Artista e Teatro Studio.Al teatro Studio di Scandicci il quarto appuntamento di PIECE- percorsi della performance,con la direzione artistica di Giancarlo Cauteruccio e a cura di Pietro Gaglianò, tenutosi lo scorso 21 maggio 2014, si apre con Luigi Presicce (Porto Cesareo,1976) che presenta, per la prima volta in Italia, Allegoria astratta dell’atelier del pittore all’inferno tra le punte gemelle, rivisitando e ricreando in un tableau vivant l’opera L’atelier dell’artista di Gustave Courbet. Il titolo originale dell’opera di Courbet è Allegoria reale che fissa una fase di sette anni della mia vita artistica e morale; quella di Presicce è un’opera densamente simbolica, in cui l’artista, permettendo una visione limitata e privatissima, ci permette di entrare all’interno del suo immaginario visionario e mistico, facendo vivere un’esperienza capace di totalizzire i sensi e conferire allo spettatore il ruolo di completarne il contenuto. Prendendo spunto dal maestro ottocentesco, crea una sorta di realismo onirico, fatto di segno ed esoterismo.

PRATO-SARAJEVO ART INVASION | 10 GIOVANI ARTISTI INVADONO PRATO

Bojan Stojcic, La storia appartiene alla pietra, il futuro al vento, ph Andrea AbatiUn progetto di residenza per giovani artisti attivi in Toscana e in Bosnia culmina in un’azione pubblica che coinvolge tutta la città di Prato.
Prato, giovedì 12.06.2014 ore 17-23, percorso pubblico di interventi e azioni
Il progetto Prato-Sarajevo ART INVASION nasce nell’aprile 2014 con l’obiettivo di individuare un percorso non convenzionale fatto di azioni, interventi, residenze e incursioni sul territorio per una riflessione estesa sulla contemporaneità, al fine di stimolare un pubblico non necessariamente “addetto ai lavori”.
Olga Pavlenko, Quel che forse non c'era, installazione, ph Andrea AbatiNella giornata del 12 giugno 2014 è stato realizzato un percorso urbano in cui, mappa alla mano, sono state presentate al pubblico tutte le opere dei 10 giovani artisti under 35 in residenza, al fine di condividere in un unico momento questa esperienza, restituendola al territorio che li ha ospitati.
Alle ore 17:00  l’incontro è fissato alla Porta Leone, dove una navetta aspetta i visitatori per scortarli nelle varie tappe disseminate in tutta la città, dai luoghi classci del centro storico alle zone meno conosciute.
Valentina Lapolla, Sarajevo Walking Tours, performance, ph Andrea AbatiSull’autobus urbano troviamo l’opera di  Olga Pavlenko (Kherson-Ucraina 1982), Quello che forse non c’era , frutto di una ricerca sulle aspettative future delle nuove generazioni, ma anche sui legami familiari del passato; è stato perciò significativoin quest’ottica rivolgersi a giovani di età compresa tra i 14 e i 20 anni – che meglio rappresentano anagraficamente questo passaggio – chiedendo loro di associare ad ogni lettera dell’alfabeto una parola che traducesse nell’immaginario la città di Prato, creando una sorta di abbecedario stampato sulla fiancata dell’autobus, quasi fosse un tracciato alternativo e in movimento. Una città che diventa dunque percorso e parola in un continuum tra passato, presente e futuro.
Virginia Zanetti, Vissi d'Arte, installazione audio-video e performance - ph Andrea AbatiLa seconda tappa ci porta ai giardini pubblici di Via Colombo dove troviamo l’installazioneCamera Obscura di Emma Grosbois (Rennes-France,1985). L’artista costruisce una camera oscura permettendo al pubblico di avere una visione nuova sullo spazio intorno ed entrare fisicamente nell’immagine, poco nitida e capovolta, interrogandosi sullo spazio e sul tempo, facendo cortocircuitare in maniera ancora più netta l’idea di realtà e di osservazione/rappresentazione.
Virginia Zanetti, Vissi d'Arte, installazione audio-video e performance, ph Andrea AbatiAl Cinema Borsi, storico cinema d’essai dismesso, possiamo vedere la video installazione di Virginia Zanetti(Fiesole,1981), Vissi d’Arte, in cui, in luoghi dove la bellezza sembra ormai essersi smarrita, compare un soprano che d’improvviso intona l’aria dellaTosca di  Giacomo Puccini: il canto lirico inserito in un contesto inusuale permette all’arte di riacquistare  il proprio potere di cambiamento e simbiosi con il contesto. Di fronte al cantiere del Museo Pecci – simbolo culturale della città – ad accompagnare la video installazione, un’immagine della locandina del “film” della cantante lirica in atto performativo. La difficoltà di un tempo contemporaneo è esemplificata dall’eccezionale riapertura della sala cinematografica, che mette in scena la bellezza che ritorna a vivere nel quotidiano urbano.
Gaetano Cunsolo, Laboratorio di autocostruzione per un rifugio, ph Andrea AbatiIl lavoro di LOri Lako (Pogradec-Albania,1991) si sviluppa in due punti significativi della città di Prato, ovvero Porta San Fabiano e il sottopassaggio ferroviario del cantiere. Partendo da un’indagine sul territorio e grazie all’apporto dei cittadini, vengono scelti due punti del contesto urbano che, di fatto, rappresentano uno spartiacque, una divisione tra due parti di territorio percepite come dissimili. Unendo due memorie storiche diverse, Lori agisce sulle fratture del suolo presenti in questi due punti per intervenire sul presente: da una parte riprende le rose di Sarajevo (spaccature presenti sul suolo bosniaco a causa della guerra civile) riempiendole con vernice rossa a simbolo del sangue versato,  dall’altra, recupera la filosofia orientale della palingenesi, ovvero la pratica del Kitsungi (l’arte di riparare con oro oggetti rotti), tramite cui la ferita viene impreziosita e quindi valorizzata.
Giacomo Laser e Giulia Del Piero, El Cosmógrafo, video, ph Andrea AbatiFrancesca Banchelli (Arezzo,1981) ricontestualizza nella città di Prato una serie di eventi del film Le Pont Du Nord (1981) di Jacques Rivette in cui le strade di Parigi si fanno da emblema della città, visionabili sia dal vivo che in live streaming. I protagonisti di Fetching Bridges (Endlessly) si addentrano in un agglomerato urbano comune ad ogni città, in cui la realtà e la sua rappresentazione scenica entrano in contatto tramite il gioco della doppia visione. Endlessly saranno gli stessi eventi che, come parti estrapolate dal film e ritrasmesse in un contesto originario e reale, rimangono senza inizio né fine.
Francesca Banchelli, Fetching Bridges (endlessly), performance, ph Andrea AbatiDi fronte all’albergo Giugni, Valentina Lapolla (Prato,1979) ci introduce al suoSarajevo Walking Tours in cui ci accompagna in una visita guidata di una Sarajevo sovrapposta a Prato: percorsi che raccontano i monumenti, le leggende e le tradizioni della città bosniaca, ma all’interno di una città diversa. Un modo per conoscere qualcosa di più su una città distante, riscoprendola inaspettatamente nel quotidiano, facendo leva sull’immaginazione e riportando intriganti aneddoti, proprio come una vera guida.
Emma Grosbois, Camera Obscura, installazione, ph Andrea AbatiGaetano Cunsolo (Catania,1986) in seguito ad un Laboratorio di autocostruzione per un rifugio, costruisce un riparo coinvolgendo la comunità e in particolare i ragazzi del quartiere, creando uno spazio di protezione che si mantiene borderline, tra l’aspetto ludico e quello necessitario dovuto ad agenti esterni, ricostruendo l’architettura che diventa estensione corporea e ripensamento dell’esterno in modo mobile e mutevole.
Emma Grosbois, Camera Obscura, installazione, ph Andrea Abati.Al palazzo Vaj della Monash University viene proiettato il film documentario El Cosmografo di Giacomo Laser e Giulia Del Piero (Ivrea ,1985 – Bressanone, 1986) in cui assistiamo alle vicissitudini di un compositore intento a scrivere un’opera musicale utilizzando la città di Prato come spartito, traendo spunto sonoro dai mezzi pubblici al fine di creare un accompagnamento musicale ideale e quindi ri-diffonderlo attarverso il movimento.
Lori Lako, Oroa, installazione, ph Andrea AbatiLa performance di Lana Cmajcanin (Sarajevo,1983) , Made in Italy-Made out China, coinvolge lo spettatore che si trova di fronte ad un pattern come di una stoffa pregiata su di una parete, che viene improvvisamente strappata, squarciata dall’artista per rivelarci ciò che stava celato al nostro sguardo: una foto di una folla di cinesi. Prato è una città che si basa sul settore tessile. Negli ultimi anni la comunità cinese è cresciuta a tal punto da diventare la più grande comunità in Europa. In una città ormai costretta a fronteggiare la propria multiculturalità, si vengono a creare spesso difficoltà comunicative e di integrazione, in cui l’economia ufficiale (quella tessile pratese) tenta di celare una parte ormai importante del proprio tessuto sociale e di conseguenza economico, non riuscendo a vederne le possibili contingenze.
Lori Lako, Oroa, installazione, ph Andrea Abati.
Ultima tappa del percorso, La storia appartiene alla pietra, il futuro al vento è l’opera di Boajan Stojcic (Sarajevo,1988) scritta su un pallone areostatico, interpretando così le difficoltà di una città in bilico tra un futuro precario e un passato solido su cui fa ancora affidamento, ponendo l’accento sulle potenzialità della parola.

VIRGINIA ZANETTI | IL CORPO CHIEDE

Virginia Zanetti, Il corpo chiede - Studio secondo per l'estasi nel paesaggio, perfomance, Piece - Percorsi della performance, 2014.. Ph Nicolò Burgassi, OKNO Studio.Il terzo appuntamento di “PIECE-Percorsi della performance” si apre con Il corpo chiede di Virginia Zanetti, in cui la reciprocità tra performer e pubblico permette di raggiungere una nuova consapevolezza tramite un’esperienza estatica ed estetica al tempo stesso.
PIECE Percorsi della Performance, Scandicci (FI), Teatro Studio Krypton, Via G.Donizetti 58.
A cura di Pietro Gaglianò / Direzione artistica di Giancarlo Cauteruccio
Virginia Zanetti, Il corpo chiede - Studio secondo per l'estasi nel paesaggio, perfomance, Piece - Percorsi della performance, 2014. Ph Nicolò Burgassi, OKNO Studio -Nel film Rashomon un boscaiolo, un monaco e un passante ascoltano le testimonianze di quattro diversi personaggi sull’uccisione di un samurai. Ogni versione contrasta con le altre e la verità resta celata. Il film di Akira Kurosawa mette in luce come le testimonianze mutevoli siano tutte parte di una stessa condizione di non unicità del vero,una parabola della verità in cui menzogna e realtà si confondono, dimostrando come le percezioni del singolo e l’interazione con gli altri determino varie versioni di un unico avvenimento. Parzialmente vere e parzialmente false. Non vi è unicità nella verità, ma verità nell’unicità, che ogni singolo sperimenta in modo personale nella soggettiva esperienza con il contesto circostante.
Virginia Zanetti, Il corpo chiede - Studio secondo per l'estasi nel paesaggio, perfomance, Piece - Percorsi della performance, 2014. Ph Nicolò Burgassi, OKNO StudioLa performance di Virginia Zanetti (Fiesole,1981) si pone come la seconda parte di uno studio sulla “non dualità” iniziata con il  progetto-ricerca Studio primo per l’estasi nel paesaggio/Dispositivo a terra. Una performance partecipativa in cui gli spettatori si fondono con l’ambiente: in questo caso specifico è il pavimento del teatro a prestarsi come punto di fusione, ma anche le altre persone presenti e le luci, mettendo in scena una sorta di rituale panteistico, ricreando un flusso di relazioni, disponendo individui e oggetti personali come in un campo energetico, fino a stabilire un collegamento tra loro, tenendosi per mano o semplicemente sfiorandosi. L’influenza reciproca e fisica tra performer e spettatori permette la creazione di una forte connessione, un muto dialogo, un graduale processo di identificazione che porta all’immedesimazione delle sensazioni.
Virginia Zanetti, Il corpo chiede - Studio secondo per l'estasi nel paesaggio, perfomance, Piece - Percorsi della performance, 2014. Ph Nicolò Burgassi, OKNO Studio.Le persone, invitate dall’artista a partecipare all’azione, diventanoattività creativa.
Riflettendo sul concetto di estasi, si crea un momento in cui ci si abbandona a ciò che sta intorno per unirsi in un’entità unica: il corpo e la sua percezione fanno  parte della stessa vita cosmica, generando riflessioni complesse, in cui la trasformazione dell’io diventa l’unica via possibile per migliorare il contesto in cui viviamo, da cui non possiamo scinderci, rileggendo così la realtà secondo schemi in cui il particolare e l’universale sono strettamente connessi.
I sensi, protagonisti fondamentali di un percorso altamente percettivo, diventano ulteriore strumento di conoscenza da applicare alla tangibilità del presente, in modo materico, tattile, visivo,olfattivo, simbiotico.
Virginia Zanetti, Il corpo chiede. Studio secondo per l'estasi nel paesaggio, perfomance, Piece - Percorsi della performance, 2014. Ph Nicolò Burgassi, OKNO Studio -Il respiro può diventare scultura, così come i corpi esteticamente si legano tra loro.
La realtà cellulare del nostro corpo si amplifica in questa performance esperienziale, in cui si viene trafitti e trapassati da un sovraccarico sensoriale.
Se da una parte,  a livello visivo, viene ricreato un paesaggio composto da radici umane che interagiscono, che si attorcigliano e si mischiano, dall’altra la visione che si crea sembra rappresentare la volontà di protesta, di contestazione e di riscatto che, placandosi al terreno, rimane inesorabilmente bloccata.

Francesca Biagini

MAURO STAGI | SHARE

IMG_0766Il secondo appuntamento di “PIECE – Percorsi della performance”, presso il Teatro Studio Krypton a Scandicci (FI) a cura di Pietro Gaglianò con la direzione artistica di Giancarlo Cauteruccio, si apre con Share di Mauro Stagi con la partecipazione in scena di Alessandra Maoggi. Una performance in cui attori e spettatori condividono lo stesso spazio rintracciando un senso non convenzionale, ma più autografo, ad un concetto che si fa carico di significati altri sul contesto contemporaneo urbano.
PIECE Percorsi della Performance, Scandicci (FI), Teatro Studio, Via G.Donizetti 58, dal 26.02.2014 al 06.2014
«Una volta, le membra dell’uomo, constatando che lo stomaco se ne stava ozioso [ad attendere cibo], ruppero con lui gli accordi e cospirarono tra loro, decidendo che le mani non portassero cibo alla bocca, né che, portatolo, la bocca lo accettasse, né che i denti lo confezionassero a dovere. Ma mentre intendevano domare lo stomaco, a indebolirsi furono anche loro stesse, e il corpo intero giunse a deperimento estremo. Di qui apparve che l’ufficio dello stomaco non è quello di un pigro, ma che, una volta accolti, distribuisce i cibi per tutte le membra. E quindi tornarono in amicizia con lui. Così Senato e Popolo, come fossero un unico corpo, con la discordia periscono, con la concordia rimangono in salute.»
(Discorso di Menenio Agrippa a Plutarco e Coriolano)
10168436_10203695181566350_1555293087_nLa parola Share sin nella sua etimologia si mostra a noi come estremamente complessa e stratificata, densa di significati ambigui e sociologicamente contrapposti. Può significare  dividere nel senso di spartire, porzione, parte, come una condivisione di qualcosa, forse partecipare ad un’ esperienza . Share è anche la quota, l’azione, l’indice, l’auditel, l’aliquota che forma lo share-list o il bank share. Il termine stesso è un codice urbano decodificabile nella multi stratorialità del mondo contemporaneo, nei rapporti tra cittadini e istituzioni. Nel suo uso più comune è un dato che assume sempre più rilievo nell’era dei mass media, dei “vidioti” teledipendenti, che conduce a delle vere e proprie sfide all’ultima schocking news per aumentare le visualizzazioni, appunto la percentuale di share.
Mauro Stagi (Firenze,1978) formula, con mezzi espressivi e stilistici personali ed attuali, un modo di indagare tale polistratismo, riuscendo nell’immedesimazione-straniamento che si crea nell’impiego di un linguaggio urbano ( beatboxing,breakdance,box,baseball) e parola poetica ( dai classici alle opere del Novecento), unendo il corpo esibito in movimenti o semiologie accennate ma pregnanti in una scenografia essenziale che ricorda i palchi allestiti per le esibizioni hip hop nelle periferie.
L’altra performer in scena, Alessandra Maoggi, contribuisce a creare una maggiore dinamicità sia uditiva che visiva, permettendo con la reciprocità dello scambio di creare un’azione in cui lo Share, mette in relazione l’individuo con gli altri, ma anche con un sistema di riferimento, un punto attorno a cui girare, da cui rendersi autonomi, contro cui affermarsi.
Credits Immagini: Lori Lako
Le diverse lingue dei testi conferiscono la possibilità da un lato di ricercare comprensione e conoscenza, dall’altro di formulare una sorta di” stream of consciousness”. Si può reagire “di pancia” ai cambiamenti di registro o attendere che le nostre connessioni sinaptiche ci indichino un’interpretazione. Il corpo diventa uno strumento tramite cui leggere in modo contiguo la stessa domanda, un corpo che si muove, agilmente, convulso, accennando piccole gesta o tic nervosi, come in un’oblazione rituale. Un rituale che si manifesta sia nelle forme stereotipate di urbanità, stimolando un immaginario comune, sia scavando nella letteratura e trovandovi spunti affini di riflessione, ponendo domande, scandagliando un concetto, trattandolo come se fosse materia pura, come il ritmo sincopato di una città a cui cercare di adattarsi. I suoni acusmatici danno alla partecipazione acustica un ulteriore effetto straniante. Il suono delle campane ci ricorda il nostro abbandono ad essere schiavi di un tempo scandito di appuntamenti da segnare sul nostro Moleskine, unito ad un tempo più eterno, che libera la mente, quello dei canti dei mantra meditativi, che si sovrappongono e mixano con i rumori cittadini, le manifestazioni, i servizi televisivi.
Dalle letture di alcuni atti unici di Harold Pinter si desume una definizione di individuo come essere fragile, in fieri, animato da situazioni psicologiche sensibili, mentre dalle letture del Coriolano di William Shakespeare si manifesta una collettività in ribellione contro il potere patrizio, una lotta di classe, in cui il cibo diventa interpretazione politica e definizione dell’umano (fungendo da spunti per identificare rapporti tra gli individui-relazioni con il sistema). Attraversare il significato di Share epurandolo, diventa così come un gioco precario, esaustivo, ma anche fisicamente esauriente, come tenere una pallina tra due teste cercando di non farla cadere.