venerdì 20 settembre 2013

Il limite
Starsene qui nelle stagioni che mutano
è la norma comune: il dono estremo e l'uscita.
A chi varcò la soglia non è dato tornare:
solo forse nel sogno dice parole slegate
troppo simili a queste dei nostri percorsi.
E seguitiamo a sorti, a volte sorpresi,
ogni attesa è un gioco,
ogni dubbio l'incaglio di una deriva,
e diamo numeri ai giorni,
piedi alle voglie,
confini al vagare
- sforniti di mappe, ignari del porto.

Elio Pecora

Thomas Ruff

mercoledì 4 settembre 2013

Felice chi è diverso 



Felice chi è diverso
essendo egli diverso.
Ma guai a chi è diverso
essendo egli comune.


Sandro Penna 


Kader Attia

lunedì 2 settembre 2013

DANH VO | FABOLOUS MUSCLES

Danh Vo, Fabulous Muscles, Museion, 2013, exhibition view, In primo piano/Vg/Front: “We the people” © Danh Vo, courtesy Galerie Chantal Crousel. Foto Othmar Seehauser
Al quarto piano del Museion di Bolzano assistiamo ad una scena apocalittica, lo smembramento di un corpo, le cui parti giacciono a terra scomposte, lucenti, frammentate. E’ il corpo di Lady Liberty, la colossale statua della libertà che illumina il mondo, regalata dal popolo francese agli stati uniti nel 1886 e progettata dai francesi Frédéric Auguste Bartholdi e Gustave Eiffel.
In rame, eseguita con la tecnica dello sbalzo, viene smontata e spedita in casse via mare, per diventare il simbolo di benvenuto e di speranza verso tutto il mondo.
Era veramente un benvenuto? O forse era il simbolo di un qualcosa che andava al di là dell’American Dream e rappresentava i cambiamenti economici in corso, la nascita del capitalismo? Era forse l’inizio della retorica dell’esportazione della democrazia?
Danh Vo (Vietnam,1975) ricostruisce la monumentale opera in scala 1:1 con la medesima tecnica dell’originale, smembrando il simbolo della libertà apre una riflessione e un dialogo su cosa essa significhi e se vi sia un giusto senso per definirla. L’artista sceglie la Statua Della Libertà, dono francese a quell’America che insieme a lei sarà coinvolta nel conflitto Vietnamita, ponendo quindi l’accento sulle contraddizioni tipiche dei paesi colonizzatori.
Di merci e frammenti si parla, di approdi continui, di pellegrinaggi umani, testimoniati dalle varie cassette di cartone, disposte nelle teche come vestige di naufraghi, scatole di Budweiser ed Evian che riportano al loro interno l’indirizzo del mittente aprendo un’ulteriore capitolo su globalizzazione e neocolonialismo.
Frammenti di un’idea, di una realtà così fragile, di una pluralità di sguardi, che sono anche quelli di chi si accinge a osservare e a interpretare ogni volta le opere dell’artista. Parafrasando una nota canzone, “libertà è partecipazione”, avvicinarsi al progetto di un artista e osservare una mostra, ci consente di dare alla propria mente la possibilità di formare nuove opinioni, di interrogarsi, di chiedersi perché. I frammenti del corpo della statua sono volutamente collocati nello splendido spazio del museo, capovolti e in un ordine non facilmente identificabile, proprio per lasciare più libero possibile colui che guarda, in modo che la ricostruzione-interpretazione, percorra un processo ogni volta personale e unico.
Danh Vo, Fabulous Muscles, Museion, 2013, exhibition view, In primo piano/Vg/Front: “We the people” © Danh Vo, courtesy Galerie Chantal Crousel. Foto Othmar Seehauser
Frammenti di un corpo, una materia senza vita, fatta di tecnologia umana, ma la cui esistenza ha grande valore. Frammenti di libertà che si librano nella contemporaneità, come i corpi degli indiani accusati di sodomia, che il capitano spagnolo Valboa fa sbranare dai cani e lo smembramento di un prigioniero in un atto di cannibalismo tra indiani brasiliani che possiamo vedere nelle incisioni di fine 500; distruzioni di altri corpi, prova dell’alienazione di altrui libertà che l’artista sceglie di inserire nel suo percorso.
Danh Vo dichiara di non voler spiegare la sua opera, lo spettatore ogni volta dovrà trovare la chiave d’accesso e interpretare ciò che vede in relazione anche al proprio vissuto; allo stesso tempo ci dà tutta una serie di indicazioni, di spunti e di letture che ci possono orientare, ma mai condizionare. Al fine di comprendere i molteplici aspetti del così complesso concetto di libertà, l’artista inserisce due excursus letterari: il primo è “Au Bonheur des Dames” 1883 di Émile Zola in cui si descrive il grande magazzino parigino Au Bon Marchèe le trasformazioni sociali che da esso derivano.
Ponendo le premesse per la nascita del moderno concetto di consumismo, si inserisce per la prima volta il concetto di democratizzazione del lusso, la nascita di un tipo di consumo che non è più necessario, ma volto a soddisfare ed estinguersi solo in se stesso, in cui pubblicità e attuali strategie di marketing, giocano un ruolo fondante. Con il consumismo, anche il nostro corpo o il modo di percepirlo cambia, si frantuma in taglie standardizzate.
Danh Vo, Fabulous Muscles, Museion, 2013, exhibition view, In primo piano/Vg/Front: “We the people” © Danh Vo, courtesy Galerie Chantal Crousel. Foto Othmar SeehauserL’altro testo è “Eupalinos ou l’Architecte” di Paul Valèry in cui assistiamo a un dialogo tra Socrate e il suo discepolo Fedro a proposito di Eupalino di Megara, celebre architetto, e i rapporti tra arte e filosofia, partendo da un aneddoto che il filosofo racconta sul ritrovamento di un oggetto ambiguo, che, nell’incapacità di riuscire a definirne la natura, decide di rigettare in mare… ”Nello stupore per la fatticità del mondo la coscienza coglie la propria libertà”.
 Nella mostra Bolzanina, l’artista ha anche inserito un insieme di elementi sacri, da un altare scomposto e come casualmente appoggiato ad una parete, a parti di un Cristo crocefisso, che si adagiano o sembrano integrati nei frammenti della grande statua. Ancora un’ulteriore scissione, quella lotta eterna tra uomo e religione, bisogno e conflitto, che accompagna l’errare umano.
Da Lady Liberty al Cristo in croce simboli di quanto complesso possa essere il nostro definirci uomini liberi.