lunedì 10 giugno 2013

IDENTITà VIRTUALI



Seppukoo era  il nome del suicidio rituale compiuto dai samurai per non doversi sottomettere a un nemico. Seppukoo è diventato anche  un sito che ha permesso il "suicidio digitale" mediante la cancellazione del proprio profilo Facebook.
 Il duo di artisti concettuali Les Liens Invisibles ( gruppo artistico immaginario) operativi dal 2007 all’interno di pratiche di  riappropriazione dei media nella pop net culture, si confronta con il ruolo dell’individuo all’interno dell’era digitale e della comunicazione online che annulla ogni forma di anonimato e di privacy nella commercializzazione dell’immagine pubblica.
 Il 5 novembre 2009 si è verificato un primo suicidio virtuale collettivo utilizzando, come testimonial ,finti profili di celebri personaggi morti suicidi. Il meccanismo si propaga come le strategie di viral marketing che connettono globalmente gli utenti ; tale disconnessione o suicidio individuale diviene un’ esperienza sociale al pari di quella distrutta.
 Assai particolare l’ assonanza che si viene a creare tra il distrutto e il distruttore, la creazione artistica così  come in variegati casi nella storia dell’arte contemporanea e non solo, ha un suo peculiare inserimento all’interno di quelle che sono le dinamiche economiche, geopolitiche del mercato multinazionale.
Libertà di espressione. Provocazione. Presa di coscienza. Utopia.
 Non è forse questo l’intento di ogni opera d’arte?
Il caso mette in evidenza la nostra costante perdita di identità , il fatto che nel bene o nel male lasciamo qualcosa di noi stessi, qualcosa di non riscattabile che si perde e diventa collettivo, mostra le dinamiche della web culture che nasce con intenti utopici di diffusione a livello estensivo del maggior numero di informazioni possibili e finisce per chiuderci in una gabbia ancora più impercettibile quanto più omologata. Facebook in quanto social network per antonomasia, è solo un facile espediente per realizzare un’ azione creativa di questo tipo.
Il duo di artisti italiani in questione sono Clemente Pestelli e Gionatan Quintini il cui lavoro artistico si basa sulla ricerca dei legami tra l’ infosfera, le sinapsi neuronali e la vita reale per capire ciò di cui è composta matericamente e iconograficamente la comunicazione. Tramite la  net-art o performing media art,interrogano ,in una congiunzione creativa tra arte e tecnologia , tutte quelle”fedi” generate dai social network in un approccio concettuale alla base del quale vi è un ampio uso di ironia.
Il loro è uno dei progetti più interessanti e innovativi d’arte e attivismo web degli ultimi tempi.
Il processo artistico  viene indagato come processo mentale così come l’attività che avviene in rete; ci si interroga sul fallimento delle utopie create dal web, la promessa di una libertà informativa, una controinformazione che fosse esule dalle matrici di coercizione del consenso a livello mediatico e mentale.
Fake is fake. Anyway.
Cosa si può opporre alla realtà totalizzante del mainstream?
Se non si può ripristinare una verità o realtà –la verità non mi sembra mai vera- (presunzione di verità)si può però inserire una molteplicità di opinioni e voci sugli argomenti, ed è questo ciò su cui opera la net-art.
Lev Manovich definisce la net-arte appunto” la materializzazione dei social networks sulla comunicazione su internet”.
 La net art nella cultura digitale si prefissa perciò di utilizzare le tecnologie di rete per sovvertire le strategie di mercato, i meccanismi di comunicazione, le pratiche consumistiche e i paradossi della politica, le cattedrali dell’arte e quelle dell’entertainment.
Il web ha cambiato le nostre modalità di ricezione e interazione con una nuova realtà virtuale trasformando l’utente da semplice fruitore a realizzatore di contenuti. Ciò sta alla base anche della net-art: open source e fruibilità globale.
Gli intenti di questa forma d’arte sono anche quelli di riportare in auge un’individualità e soggettività che va perdendosi cercando di svelare i collegamenti che permettono la creazione delle icone dell’immaginario collettivo; citando les liens invisible  che, riferendosi a Magritte, trovano in esso la chiave di lettura del loro progetto “affermare che un oggetto è una pipa ci può far sentire umani, ma affermare che non lo è ci rende liberi”.
Si  è parlato anche di una perdita di spinta creativa che riguarderebbe tutta la net-art o  all’ arte in generale legata ai nuovi media.
A dispetto delle funeree predizioni essa rimane una disciplina d’avanguardia estremamente legata alla controcultura, all’attivismo creativo e alla comunicazione.
Si tratta perciò di utilizzare le tecnologie di rete per sovvertire le strategie di mercato senza cadere nel rischio di perpetuarne le logiche costruttive.
Muovendosi all’interno dell’immaginario di massa viene da chiederci se sia quindi l’attivismo l’unica strada della net-art per proporre nuove modalità creative e idee sovversive, dal momento che la promessa che un mondo virtuale trasformasse quello reale si è solo parzialmente avverata, facendo cortocircuitare la logica per cui, anche la net art, non si è trasformata in Arte con la A maiuscola.
 Alcuni artisti hanno cominciato ad utilizzare le potenzialità del web che permettevano alle informazioni di fruire liberamente,capaci di produrre azioni in tempo reale, destabilizzando così i sistemi che appartengono ai centri d’alimentazione della politica e dell’economia ,muovendosi su le tematiche più diverse,dalle lacune sociali, ai sistemi di massa  e perfino alle catastrofi ecologiche, divenendo così da semplici artisti a” uomini d’azione”.
Delle nuove strategie di net-art non possono che beneficiarne i propri fruitori ponendo l’attenzione su nuove problematiche ,aprendo gli occhi ad un pubblico di massa e aumentando le consapevolezze sui poteri individuali.
“This is NOT the end, my only friend.”
















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