sabato 13 gennaio 2018



Corpo a corpo, Marta Dell’Angelo e Serena FIneschi a Pisa


Il corpo diventa l’oggetto di confronto e dialogo tra le artiste Marta Dell’Angelo e Serena Fineschi: un corpo che attiva processi di conoscenza identitaria e che si frammenta e ricompone nello spazio, donando allo spettatore la possibilitá di percepire la sensorialitá tramite due visioni opposte della presenza fisica.
Le opere elaborate specificatamente per la mostra alla galleria Passaggi Arte Contemporanea di Pisa, curata da Pietro Gaglianò, si fanno vettrici di un messaggio fluido, “un’inclinazione”, una rottura dei codici visivi convenzionali che ,declinando la prospettiva dello sguardo e spostando l’asse visivo, non piú rigidamente verticale, dona un nuovo significato al valore dell’equilibrio. Marta Dell’Angelo (1970) visualizza l’immagine del corpo fisico attraverso la figurazione, indagando i linguaggi delle modalitá corporee, tramite gesta,posture,spasmi muscolari, palesando le tecniche del corpo, tramite pezzi umani che si costruiscono e frammentano sulla tela in una corale coreografia visiva.
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Il corpo diventa un luogo, ed é il luogo in cui la cultura viene somatizza.
E’ un luogo poetico e sociale allo stesso tempo, sorgente di simboli ma anche manifesto di resistenza personale.
Il corpo é anche un utensile, uno strumento, che lascia al suo passaggio traccie, che nel processo e nell’elaborazione dei significati, permette la visione della tangibilitá come nelle opere di Serena Fineschi (1973).
Il processo si deposita nella casualitá degli agenti esterni cosí come nella gestualitá quotidiana.
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Le opere L’abbandono di Serena Finsechi e Varco di Marta Dell’Angelo pervadono lo spazio su cui si sedimentano e dialogano in un’unione comune basata sulla contrapposzione di opposti, sul cedere alla gravitá e sull’azione muscolare della tensione verso l’alto, che nello sguardo dell’ osservatore. che si muove nell’assenza, tramite non solo il campo visivo ma anche con la fisicitá, avvia un’identificazione. In un processo analogo l’individuo esperisce attraverso il corpo ( il proprio) e le emozioni., l’appartenenza ad un insieme, una collettivitá. La rappresentazione del corpo comunica con molti corpi (reali), potenzialmente conflittuale ma anche di avvicinamento, che torna messaggio politico e sociale.
Francesca Biagini
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FRANCESCO LAURETTA- A PERFECT DAY 




“A Perfect Day” e’ il giorno perfetto  in cui Francesco Lauretta introduce le  contraddizioni dell’esistenza e della sua stessa negazione, all’interno di un percorso fatto di sguardi sul futuro e incorniciato nella perfezione di un presente solitario di fronte al mare.
Francesco Lauretta, A Perfect Day, 2015 a
La mostra di Francesco Lauretta (Ispica, Ragusa, 1964), curata da Pietro Gaglianò presso SRISA Art Gallery, presenta più di dieci opere composte da lavori a olio su tela, a spolvero su parete e tredici disegni, I disegni della morte, in olio su scotch e fusaggine su carta. L’esistenza prende forma e sostanza nella sue inesistenze, nelle sue zone d’ombra, nell’impercettibile, in quello scrutare i lievi spolveri che si diramano sulla parete come una propagazione della tela. Dalla percezione, all’inizio istintiva e interrogativa della forma sfumata e leggera, si giunge alla comprensione e alla materializzazione delle lapidi, dei tumuli di terra, della vegetazione folta, del “ció che fummo siete e ció che siamo sarete”. L’inquietudine dell’essere parte dalle luminose tele e dai bagnanti di spalle che guardano il mare, quel mare che scompone i ricordi dei momenti conclusivi dell’esistenza, come la fine di un’ estate o di una canzone.
Francesco Lauretta, A Perfect Day, 2015 - photo Daniela Pitrè2
Osservando le opere di A Perfect Day si ha come l’impressione di poter cedere alla tracotanza (anche nel suo significato antico – dal greco “Hybris”, oltraggio al divino ) di fronte al mondo esterno, di poterne restare fuori come uno spettatore incerto, per poi tuffarsi dentro e credere che tutto sará piú semplice, e di avere infinite possibilitá. Ma l’ inevitabile è giá alle porte del giorno perfetto, nell’angoscioso tentativo dell’immobile di cui la pittura ci illude.
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Francesco Lauretta ha la capacitá, assai rara, di esemplificare la vita tramite l’arte, mai in forma riduttiva, ma in ció che dell’esistente abbiamo di piú duraturo. Appena si entra nello spazio di SRISA si trova imminente sulla nostra destra l’inferno di Giovanni da Modena, sulla cui cima, come una pala d’altare, é posta una tela raffigurante una figura femminile di spalle verso un mare piatto, con poche nuvole all’orizzonte e una sabbia fatta di luce che lascia alla ricerca di un punto di appoggio in bilico tra i due sguardi, noi che di fronte erriamo nel limbo. Impossibile raggiungere l’inamovibile. La bellezza nasconde l’amaro della vita, come questi cimiteri colorati in cui il tempo ci svela il suo paradosso.
Francesca Biagin
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giovedì 27 ottobre 2016


PUBLIC HOLE

La performance Public Hole di Massimo Conti (1965) si propone come analisi di una simbologia identitaria forte, la bandiera, che assurge a perno di una democrazia ormai distopica, nella speranza di un cambiamento in cui bandiere e debiti non esistano piú e il bene pubblico diventi un valore assoluto.
La performance agisce come un’installazione dal vivo che punteggia la morfologia urbana della piazza tramite un simbolo universalmente condiviso rappresentativo di potenti identitá socio-economiche. Ponendosi contro una paralisi di massa data dallo spettacolo  e il controllo permeante del sistema capitalistico la performance rivela il lato subdolo e sottacente della bandiera, che  non é piú rappresentativa di un’ identitá popolare, ma diventa icona della distopia democratica.
Mettendo in dubbio I sistemi di valore prestabiliti sottolinea la perdita di senso della cosa pubblica a livello politico-amministrativo offrendo l’opportunitá di una riflessione piú amplia su debito e Stato.
La prospettiva della bandiera si pone dialetticamente in rapporto con il territorio e con l’identitá della comunitá e del singolo.
 Public Hole incanalando il valore simbolico della bandiera bucata, affronta una riflessione sulla spesa pubblica e la sua legittimizzazione che dal potere centrale si sposta verso la presa di responsabilitá del singolo.
I buchi aprono una dialettica verso un ripensamento utopico della sfera pubblica in relazione al contesto globale, diventando gioco di parole sociologico e aprendo visivamente ad un oltre che supera la demagogia semantica del feticcio nazionale.

Francesca Biagini










Il debito pubblico è un patto tradito con il cittadino contribuente che offre il suo denaro in tasse per una amministrazione corretta della cosa pubblica.
La bandiera è un simbolo che dovrebbe costruire identità di un popolo, ma è ciò che è sempre stata, un giogo per il massacro. Nella superstizione democratica l’idea è che il bene pubblico sia affidato a degli amministratori che conoscono il valore del reale che dovrebbero governare. La finanza scioglie ogni dubbio sulla democrazia e sulla necessità della bandiera, nell’identificazione di un debito eterno che riguarda tutti gli stati e tutte le bandiere. Ogni complessità si semplifica sotto il segno del debito, l’unica forza motrice per proporre un eterno ritorno del debito al debito.
Public Hole è un’analisi e una speranza. Questo mondo è fallito, il prossimo sia senza soldi e bandiere.

Massimo Conti




RADIOS APPEAR


Il collettivo Radios appear (2014) torna con l omonima installazione in piazza Brunelleschi. Il motivo dell azione è una giornata di lotta promossa dal  gruppo di cittadinanza attiva Qualcosa da dire e il comitato No Scav contro un progetto comunale di privatizzazione della piazza stessa e con la proposta di riattivare  il luogo per la comunitá progettandovi un giardino pubblico. Gli aderenti al comitato parteciperanno all’ azione di Radios appear mettendo a disposizione le loro finestre e i loro apparecchi radiofonici. L’installazione e’ un flusso sonoro che conferisce conformitá allla geografia del luogo modulando le frequenze delle proprie stazioni radio e connettendo sistemi semiotici diversi. La radio è il byte base del linguaggio e dell’ espressione materiale di Radios appear. Dalla relazione fra questi bytes si crea un insieme che unisce  lo spazio, nella sua accezione geografica, con il tempo e in particolare i ritmi di vita quotidiana tramite lo svolgersi dei palinsesti per fasce orarie e giornaliere. Appropriandosi dei suoni di sottofondo giá esistenti si rovescia il concetto di significazione dello scorrimento acustico per divenire una pratica di deriva urbana. Il rumore e’ causticamente contemporaneo nel rendersi parte di un tutto che comprende l’ambiente della piazza senza gerarchizzazioni. Ció permette di dirigere la nostra sensibilita’ verso una valutazione dell’ambiente architettonico non canonica. La partecipazione collettiva si pone in opposizione alla frammentazione sociale e porta alla creazione di una zona di aggregazione che diventa temporaneamente autonoma. Le radio, strumenti di informazione e intrattenimento, captando lo spettro fm di un determinato territorio ne identificano la struttura geopolitica e la sua unione con la collettivitå che la abita in senso piú ampio. E’ significativo come una struttura e un suono entrino in relazione sulla base di una sintonizzazione quotidiana creando una situazione che determina una forma sociale che diventa rizomatica, capace di sfuggire al controllo, anarchica e incongrua.
Ogni suono possiede una sua autonomia e identitá che si diffonde reticolarmente dando luogo ad una nuova disposizione “cartografica” frutto dell’ inclusione comunitaria data dalla molteplicitá non verticalizzata. L’uso della tecnologia assume la capacitá contingente di creazione di spazi di libertá in una polifonia acustica e visiva che si libera dei codici fissi riportando il pensiero in una dimensione critica e sperimentale.

Francesca Biagini 

VITA DI UN UOMO



Il video Vita di un uomo di Pamela Barberi (1978) in collaborazione con il gruppo di cittadinanza attiva Qualcosa da dire trasforma I residui di memoria di un singolo in memoria collettiva, attivando un discorso di riconoscimento e interpretazione sulle dinamiche di fagocitazione moderna che impediscono I processi di metabolizzazione storica.
Dal tubo giallo scendono libri, riviste, foto e ricordi che senza alcuna accuratezza vengono gettati durante un’ operazione di smantellamento di una casa. Sono il risultato di un’intera vita di memorie conservate, accumulate affinché una traccia del proprio tempo sopravivesse.
L’osservatore e’ chiamato ad essere testimone inconsapevole di questo processo di rimozione forzata ma puó diventare allo stesso tempo partecipante attivo nel processo inverso di conservazione, scegliendo di porre cura, riportare in vita e recuperare, gli oggetti che sarebbero altrimenti divenuti spazzatura.
L’opera dunque mette in discussione le asportazioni menomiche e si muove verso un desiderio relazionale condividendo l’esperienza con l’altro. Portando verso un’azione comunitaria  I margini dell’opera si fanno labili, stimolando processi creativi costruiti dalla collettivitá che lasciano un segno sia nel tessuto urbano che in quello piu’ personale del privato.  E’ una sfida verso gli assiomi del predisposto in cui I cittadini invece che adeguarsi alle consuetudini possono operare delle scelte tali da custodire una memoria affinché non si disperda nella velocizzazione contemporanea cosí come essere agenti attivi nelle scelte relative alle forme del tessuto urbano. Un’estetica della memoria che diviene complessa, geografica e globale che crea uno spostamento d’asse verso una dilatazione del ricordo collettivo che non sia selettivo o disposto a chinarsi a nuove propagande.
Francesca Biagini



venerdì 15 aprile 2016

TM Project Space #co-art in co-work


TM Project Space
#co-art in co-work


Opening April 6th at 6.30 pm
Via La Marmora n°51, Firenze


TM-01 VisiVa/ PhotoBooklet, a narrative experience









Group exhibition with:
Helena Bassi
Federico Caponi
Alba Duque Cuesta
Meri Iacchi
Martino Meli
Marcin Minasowicz
Silvia Noferi
Enrica Quaranta
Ad Zenitro

VisiVa project by Federico Caponi and Martino Meli
Promoted by the active citizenship group of District 1 named Qualcosa da dire
Via San Gallo Association, the street of books
Cureted by Francesca Biagini


The first project of the new space TM Project Space #co-art in co-work is VisiVa. It was born within the broader concept of active citizenship of District 1, named Qualcosa da dire. The open concept of contemporary art within the public space expresses its willingness to support and foster the energies inside the territory, which act in an independent way but are highly significant for the territory itself.
The use of the spaces that are not born to host contemporary art can create a new place aimed to favor unusual possibilities of experimentation.
TM Project Space #co-art in co-work represents this dualism: a place of co-working offices that becomes "temporarily" a scene for exhibitions and ideas, capable of supporting a virtuous circle between private and public spaces and broadening the pool of participation of artistic and cultural events.
TM-01 VisiVa / PhotoBooklet, a narrative experience is the first exhibition in this new space.
The intent is to promote an independent reality, which acts on the territory of Florence and it deals with analog photography and storytelling.
During the exhibition there will be on display for the first time the results of the two workshops, PhotoBooklet, a narrative experience.
In collaboration with: Altarosa, press office




TM-01 VisiVa


TM-01 VISIVA


I testimoni di Cahors è un un progetto del 1998 dell’artista tedesco Jochen Gerz in cui, in occasione del processo a Maurice Papon, ufficiale dell’esercito di Vichy, condannato per crimini contro l’umanitá, intervista una cinquantina di abitanti della cittadina di Cahors della stessa generazione di Papon, chiedendo loro quale fosse la verità. I ritratti fotografici delle persone intervistate, insieme alle risposte, sono attaccati a cartelloni pubblicitari disseminati per la cittá e pubblicati nel quotidiano “La Depeche du Midi”.
L’intento di questo lavoro é quello di creare una storia parallela in cui la verità personale e intima delle persone, si unisce alla storia sociale e pubblica, in un tentativo di fornire una testimoninanza altra, rispetto a quelle date dai mezzi di informazione.
In un processo inverso le storie dei Photo booklet di TM-01 VisiVa partono da storie personali, a volte estremamente intime e fragili, per comunicare con la popolazione e diventare storie di tutti, storie di vita.
 La memoria è alla base di un innesco di processi relazionali, in cui la dimensione dialogica è data proprio dalla capacità di queste storie di rendersi collettive.
 TM-01 Visiva é un insieme di possibilitá, di conoscenze, di narrazioni che si sviluppano in un processo in cui creazione e indagine conoscitive si bilanciano. Raccontare una storia é un modo per identificare se stesso, per trovare il proprio io, ma anche per riconoscersi in un gruppo.
La narratività permette una fruizione libera e lineare e, allo stesso tempo, aperta alle interpretazioni significative degli eventi della vita e della quotidianitá. Questi Photo booklet sono singolari e personali visioni del mondo che vengono socializzate partendo dalla costruzione di un proprio universo reso accessibile a tutti.

Francesca Biagini