La scienza sciamanica ha influenzato ed affascinato artisti di ogni settore, da poeti come Henry Miller ad antropologi come Claude Levi Strauss fino ad artisti figurativi contemporanei.
In un’epoca storica di recessione, come quella contemporanea, la visione del cosmo propria dello sciamanesimo viene riportata in auge, sia dalle scienze moderne che dalle nuove interpretazioni dell’esistente. Questa inversione di tendenza è iniziata con le controculture degli anni ’60: dai viaggi verso la conoscenza di culture sconosciute, all’uso di sostanze psichedeliche, alla musica capace di trasportare a tal punto da alterare le nostre capacità percettive. Addirittura, in tempi recenti, le università statunitensi hanno ripreso a studiare le sostanze allucinogene per fini terapeutici.
Lo sciamano è una figura antica, tipica di società animiste, che rappresenta il saggio guaritore o ilprofeta messianico. La sua capacità principale è quella di riuscire a percepire le onde di energia non visibili e di viaggiare tramite stadi di trance nel mondo degli spiriti, riuscendo grazie ai suoi poteri a risolvere le problematiche della comunità di appartenenza. Gli sciamani hanno contribuito a conferire un’immagine dell’universo non più antropocentrica ma olistica, volta a vedere il mondo come un insieme organico dotato di propria sensibilità, una natura capace di comunicare tramite energie e trasmetterci informazioni. Parlando di arti figurative, Aby Warburg tracciò una relazione tra immagine e memoria sociale anche osservando rituali sciamanici della tribù degli indiani Pueblo del Nuovo Messico. Nel rituale sciamanico, il corpo assume un valore altissimo non solo come medium ma anche come elemento sociale e politico. Il corpo dello sciamano è borderline tra la sanità e la visione estatica, ma è anche elemento su cui si esplicano le sofferenze provenienti da agenti esterni in una sorta di transfert e trasmissione dei significati.
Il corpo è proprio uno degli elementi più indagati nell’arte contemporanea che si inteseca con lo sciamanesimo.
L’artista-sciamano per eccellenza è Joseph Beuys che, come un vero sciamano, aveva la sua personalissima “divisa”: indossava sempre un cappello di feltro, un gilet da pescatore e degli scarponi. Il suo corpo faceva da tramite ad un procedimento artistico in cui esso stesso assumeva funzioni salvifiche e ritualistiche. La sua “chiamata” verso lo sciamanesimo avvenne nel 1944 come descritto nella sua opera, in parte autobiografica, in parte mitica, Curriculum vitae/curriculum delle opere. Arruolato volontario nelle Luftwaffe il suo aereo fu colpito e Beuys riuscì a salvarsi scaraventato nella neve. Un gruppo di tartari nomadi della Crimea disseppellì il suo corpo e lo curò con ciò che la natura forniva loro, cioè grasso animale e feltro per ristabilire il suo calore corporeo. Questo fu il rito iniziatico di Joseph Beuys. Ilgrasso e il feltro divennero gli archetipi della sua produzione artistica. La performance I like America and America likes me è intrisa di questi elementi sciamanici. Beuys contrario alla guerra del Vietnam, arrivato in USA nel 1974 si fece recare presso la Rene Block Gallery su un’ambulanza avvolto in una coperta di feltro e si fece rinchiudere al suo arrivo in una gabbia insieme ad un coyote. Questo animale per i nativi americani rappresentava il Dio che aveva rubato il fuoco per gli uomini e che assurgeva a mediano tra mondo spirituale e mondo animale. Durante la performance Beuys si dedicava ad azioni rituali, ognuna con una diversa simbologia. Il dialogo con il coyote rappresentava perciò l’estrema rappresentazione della palingenesi di Beuys, in quanto nel corso della Storia, nel costante desiderio umano di dominio sulla natura, l’animale era giunto sul punto di estinguersi.
La star della Body Art Marina Abramovich utilizza elementi sciamanici e catartici nelle sue numerose performance, usufruendo del corpo come mezzo così come avviene nel suo celeberrimo The Abramovich Method che si pone come rituale terapeutico per il trattamento dei turbamenti contemporanei ed il raggiungimento di un’interiorità incontaminata. Tra eventi vari, l’artista si dedica sia alla creazione del suoMAI (Marina Abramovich Institute) sia all’organizzazione di viaggi nelle foreste del Brasile per incontrare tribù di sciamani (dalla cui esperienza dovrebbe essere prodotto un documentario). Nell’operaBalkan Erotic Epic, Marina Abramovich riprende il folklore dei Balcani in cui donne e uomini preservano le proprie energie attraverso l’erotismo, potente catalizzatore capace di avvicinare l’umano al divino, e in seguito mettono in atto numerose azioni esplicite con diverse finalità, come ad esempio, proteggere contro le forze del male.
Il corpo come protagonista di performance rituali ed estreme si ritrova anche nei lavori dell’artista guatemalteca Regina Jose Galindo che denuncia le ingiustizie sociali dal genocidio tra gli indigeni Maya e Ixil, alle violenze della scuola Diaz durante il G8 di Genova, alle detenzioni dei Centri di Identificazione ed Espulsione. Tramite una dimensione di sofferenza e drammaticità torna su tematiche storiche appartenenti alla memoria collettiva e le denuncia in atti dal coinvolgimento persuasivo, come nella performance Raices tenutasi presso l’Orto Botanico di Palermo in cui mette in scena un rituale in cui, nuda a terra, pianta le sue braccia nel terreno fondendosi con il paesaggio per riflettere su tematiche come la razza, le origini e l’immigrazione. Insieme a lei altri corpi che ripetono il suo stesso gesto di abbracciare il paesaggio naturale, in un unico grande corpo fuso con la Terra.
Francesca Biagini
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