Urban Realm
Progetto editoriale co-curato da Lukas Feireiss e Robert Klanten, pubblicato da Gestalten,
Berlino, Agosto 2014.
Copyright Gestalten 2014
“È delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più
inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i
sogni sono costruite di desideri e di paure.”
Le città invisibili, Italo Calvino
Il libro Imagine Architecture racchiude nel suo insieme artisti il cui lavoro riflette sui rapporti e le
reciproche influenze tra cultura visiva e architettura. Ciascun artista con il proprio personalissimo
sguardo, partendo da un’indagine politica, una speculazione poetica o intimistica, trae ispirazione
da questa: dalle installazioni alla fotografia, alla scultura, all’illustrazione e al design.
L’architettura nelle sue capacità di adattabilità e flessibilità si è a lungo prestata come soggetto di
investigazione per le arti visive, permettendo di ampliare le nostre percezioni dell’ambiente intorno
a noi. Così come le arti visive costituiscono un’ inesauribile fonte per l’edificazione della nostra
soggettività partendo proprio dalla nostra immaginazione, così l’architettura all’interno di uno
spazio, che è culturalmente connotato e storicizzato,permette alle nostre emozioni di assumere una
topografia interiore, una psicogeografia sociale e personale. L’ immaginazione, che si fonde con le
traiettorie urbanistiche permettendo una spazializzazione del pensiero in cui le relazioni così
concepite sono alla base dello spazio stesso, è il punto di partenza di questa generazione di giovani
artisti per l’elaborazione delle proprie opere sul paesaggio urbano. Ogni progetto all’interno del
libro interpreta e riflette le proprie impostazioni spaziali, le proprie visioni espandono la definizione
stessa di architettura, promuovendo anche possibilità per spazi pubblici e città.
L’architettura viene concepita come un immaginario visivo, rappresentata attraverso lo sguardo
delle arti contemporanee, partendo dalla sua denotazione funzionale per diventare una metafora.
Immaginare l’architettura è creare un’immagine mentale di essa, come un paesaggio interiore o una
mappa intima.
Il contatto con l’ambiente e la trama dello spazio abitabile che si svincola in traiettorie geografiche
e urbanistiche, unito all’immaginazione, permette di confrontarci con molteplici possibilità.
Partendo dal concetto di “imageability”, termine introdotto dall’urbanista e architetto statunitense
Kevin Lynch, ovvero la capacità di un oggetto fisico di conferire ad un osservatore un’immagine
vivida, si capisce come l’immagine architettonica offra una grande varietà di prospettive di cui sono
esempio le opere all’interno del libro. L’immaginazione non è solo una forma di pensiero che crea
libere rappresentazioni di esperienze sensoriali, ma accresce anche la conoscenza di noi stessi e di
ciò che ci circonda in quanto frutto di un’intima relazione con la realtà.
Il libro si struttura in quattro capitoli/archetipi architettonici: The House, Exploring domestic space-
The Tower,Engaging with the vertical-The City,Imagining the urban- The Ruin, Questioning the
charm of decay.
La casa, secondo il filosofo francese Gaston Bechelard, è un’estensione della psiche, intesa come
luogo, e per questo diventa uno spazio di protezione come espressione di una topografia dell’io.
L’immagine tipologica della torre nella cultura occidentale è rappresentata dalla torre di Babele,
perfetto paradosso tra distruzione e costruzione, così come i grattacieli secondo l’architetto olandese
Rem Koolhaas offrono spazi aperti e una frontiera nel cielo. Queste considerazioni si ritrovano
nell’installazione The Island dell’artista americano Tom Sachs in cui ricostruisce una zona di
comando sul ponte di una portaerei ispirandosi alla più importante portaerei americana alimentata
ad energia nucleare, Enterprise CVN 65. The Island è completamente attrezzata con radar, armadi
con sigarette, alcolici e strumenti per la manutenzione. Concepita come un processo sempre in
possibile necessità di riparazioni insieme alla scultura viene creata anche una guida, The Island:
Guide,per aiutare nel mantenimento del sistema operativo, in quanto “c’è sempre qualcosa che
necessita la tua attenzione su The Island”. Con tono sarcastico,parodiando la società contemporanea
e la sua aggressività, l’isola-torre dell’artista lavora sull’immaginario collettivo americano
sviscerandone gli status symbol.
L’ immagine della città si evolve in un movimento costante e il nostro sistema cognitivo dello
spazio cambia con essa e così la personale percezione dei luoghi. Ognuno crea un proprio percorso
psico-geografico autobiografico all’interno del tessuto urbano; secondo lo storico Lewis Mumford
la mente prende forma nella città e, di conseguenza, la forma urbana condiziona la mente. Infine le
rovine rappresentano il futuro di ogni struttura, rivelando attraverso la propria natura transitoria, la
caducità della vita. Storicamente le scene di declino sono state romanticizzate, a partire dalla città
eterna, venendo a creare una nuova estetica volta ad apprezzare gli edifici abbandonati e i luoghi in
cui il tempo ha lasciato le proprie impronte, ispirando l’immaginazione di innumerevoli artisti. Lo
storico inglese Christopher Woodward definisce le rovine come un dialogo tra un’immagine
incompleta e l’immaginazione dello spettatore.
L’artista siciliano Adalberto Abbate nella serie Self-Portrait. Build. Destroy. Rebuild, si focalizza
sul bisogno individuale di creare, distruggere, ricostruire, in un flusso intimo ed individuale che si
identifica in modo provocatorio nel contesto architettonico. Focalizzando l’attenzione
sull’attualità,crea nuovi simbolismi legati ad eventi reali mettendo in discussione le preimpostate
norme interpretative. Con acuto sarcasmo, l’immaginario architettonico in decadenza predispone
alla riflessione sul cambiamento.
Francesca Biagini
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