giovedì 27 ottobre 2016


PUBLIC HOLE

La performance Public Hole di Massimo Conti (1965) si propone come analisi di una simbologia identitaria forte, la bandiera, che assurge a perno di una democrazia ormai distopica, nella speranza di un cambiamento in cui bandiere e debiti non esistano piú e il bene pubblico diventi un valore assoluto.
La performance agisce come un’installazione dal vivo che punteggia la morfologia urbana della piazza tramite un simbolo universalmente condiviso rappresentativo di potenti identitá socio-economiche. Ponendosi contro una paralisi di massa data dallo spettacolo  e il controllo permeante del sistema capitalistico la performance rivela il lato subdolo e sottacente della bandiera, che  non é piú rappresentativa di un’ identitá popolare, ma diventa icona della distopia democratica.
Mettendo in dubbio I sistemi di valore prestabiliti sottolinea la perdita di senso della cosa pubblica a livello politico-amministrativo offrendo l’opportunitá di una riflessione piú amplia su debito e Stato.
La prospettiva della bandiera si pone dialetticamente in rapporto con il territorio e con l’identitá della comunitá e del singolo.
 Public Hole incanalando il valore simbolico della bandiera bucata, affronta una riflessione sulla spesa pubblica e la sua legittimizzazione che dal potere centrale si sposta verso la presa di responsabilitá del singolo.
I buchi aprono una dialettica verso un ripensamento utopico della sfera pubblica in relazione al contesto globale, diventando gioco di parole sociologico e aprendo visivamente ad un oltre che supera la demagogia semantica del feticcio nazionale.

Francesca Biagini










Il debito pubblico è un patto tradito con il cittadino contribuente che offre il suo denaro in tasse per una amministrazione corretta della cosa pubblica.
La bandiera è un simbolo che dovrebbe costruire identità di un popolo, ma è ciò che è sempre stata, un giogo per il massacro. Nella superstizione democratica l’idea è che il bene pubblico sia affidato a degli amministratori che conoscono il valore del reale che dovrebbero governare. La finanza scioglie ogni dubbio sulla democrazia e sulla necessità della bandiera, nell’identificazione di un debito eterno che riguarda tutti gli stati e tutte le bandiere. Ogni complessità si semplifica sotto il segno del debito, l’unica forza motrice per proporre un eterno ritorno del debito al debito.
Public Hole è un’analisi e una speranza. Questo mondo è fallito, il prossimo sia senza soldi e bandiere.

Massimo Conti




RADIOS APPEAR


Il collettivo Radios appear (2014) torna con l omonima installazione in piazza Brunelleschi. Il motivo dell azione è una giornata di lotta promossa dal  gruppo di cittadinanza attiva Qualcosa da dire e il comitato No Scav contro un progetto comunale di privatizzazione della piazza stessa e con la proposta di riattivare  il luogo per la comunitá progettandovi un giardino pubblico. Gli aderenti al comitato parteciperanno all’ azione di Radios appear mettendo a disposizione le loro finestre e i loro apparecchi radiofonici. L’installazione e’ un flusso sonoro che conferisce conformitá allla geografia del luogo modulando le frequenze delle proprie stazioni radio e connettendo sistemi semiotici diversi. La radio è il byte base del linguaggio e dell’ espressione materiale di Radios appear. Dalla relazione fra questi bytes si crea un insieme che unisce  lo spazio, nella sua accezione geografica, con il tempo e in particolare i ritmi di vita quotidiana tramite lo svolgersi dei palinsesti per fasce orarie e giornaliere. Appropriandosi dei suoni di sottofondo giá esistenti si rovescia il concetto di significazione dello scorrimento acustico per divenire una pratica di deriva urbana. Il rumore e’ causticamente contemporaneo nel rendersi parte di un tutto che comprende l’ambiente della piazza senza gerarchizzazioni. Ció permette di dirigere la nostra sensibilita’ verso una valutazione dell’ambiente architettonico non canonica. La partecipazione collettiva si pone in opposizione alla frammentazione sociale e porta alla creazione di una zona di aggregazione che diventa temporaneamente autonoma. Le radio, strumenti di informazione e intrattenimento, captando lo spettro fm di un determinato territorio ne identificano la struttura geopolitica e la sua unione con la collettivitå che la abita in senso piú ampio. E’ significativo come una struttura e un suono entrino in relazione sulla base di una sintonizzazione quotidiana creando una situazione che determina una forma sociale che diventa rizomatica, capace di sfuggire al controllo, anarchica e incongrua.
Ogni suono possiede una sua autonomia e identitá che si diffonde reticolarmente dando luogo ad una nuova disposizione “cartografica” frutto dell’ inclusione comunitaria data dalla molteplicitá non verticalizzata. L’uso della tecnologia assume la capacitá contingente di creazione di spazi di libertá in una polifonia acustica e visiva che si libera dei codici fissi riportando il pensiero in una dimensione critica e sperimentale.

Francesca Biagini 

VITA DI UN UOMO



Il video Vita di un uomo di Pamela Barberi (1978) in collaborazione con il gruppo di cittadinanza attiva Qualcosa da dire trasforma I residui di memoria di un singolo in memoria collettiva, attivando un discorso di riconoscimento e interpretazione sulle dinamiche di fagocitazione moderna che impediscono I processi di metabolizzazione storica.
Dal tubo giallo scendono libri, riviste, foto e ricordi che senza alcuna accuratezza vengono gettati durante un’ operazione di smantellamento di una casa. Sono il risultato di un’intera vita di memorie conservate, accumulate affinché una traccia del proprio tempo sopravivesse.
L’osservatore e’ chiamato ad essere testimone inconsapevole di questo processo di rimozione forzata ma puó diventare allo stesso tempo partecipante attivo nel processo inverso di conservazione, scegliendo di porre cura, riportare in vita e recuperare, gli oggetti che sarebbero altrimenti divenuti spazzatura.
L’opera dunque mette in discussione le asportazioni menomiche e si muove verso un desiderio relazionale condividendo l’esperienza con l’altro. Portando verso un’azione comunitaria  I margini dell’opera si fanno labili, stimolando processi creativi costruiti dalla collettivitá che lasciano un segno sia nel tessuto urbano che in quello piu’ personale del privato.  E’ una sfida verso gli assiomi del predisposto in cui I cittadini invece che adeguarsi alle consuetudini possono operare delle scelte tali da custodire una memoria affinché non si disperda nella velocizzazione contemporanea cosí come essere agenti attivi nelle scelte relative alle forme del tessuto urbano. Un’estetica della memoria che diviene complessa, geografica e globale che crea uno spostamento d’asse verso una dilatazione del ricordo collettivo che non sia selettivo o disposto a chinarsi a nuove propagande.
Francesca Biagini



venerdì 15 aprile 2016

TM Project Space #co-art in co-work


TM Project Space
#co-art in co-work


Opening April 6th at 6.30 pm
Via La Marmora n°51, Firenze


TM-01 VisiVa/ PhotoBooklet, a narrative experience









Group exhibition with:
Helena Bassi
Federico Caponi
Alba Duque Cuesta
Meri Iacchi
Martino Meli
Marcin Minasowicz
Silvia Noferi
Enrica Quaranta
Ad Zenitro

VisiVa project by Federico Caponi and Martino Meli
Promoted by the active citizenship group of District 1 named Qualcosa da dire
Via San Gallo Association, the street of books
Cureted by Francesca Biagini


The first project of the new space TM Project Space #co-art in co-work is VisiVa. It was born within the broader concept of active citizenship of District 1, named Qualcosa da dire. The open concept of contemporary art within the public space expresses its willingness to support and foster the energies inside the territory, which act in an independent way but are highly significant for the territory itself.
The use of the spaces that are not born to host contemporary art can create a new place aimed to favor unusual possibilities of experimentation.
TM Project Space #co-art in co-work represents this dualism: a place of co-working offices that becomes "temporarily" a scene for exhibitions and ideas, capable of supporting a virtuous circle between private and public spaces and broadening the pool of participation of artistic and cultural events.
TM-01 VisiVa / PhotoBooklet, a narrative experience is the first exhibition in this new space.
The intent is to promote an independent reality, which acts on the territory of Florence and it deals with analog photography and storytelling.
During the exhibition there will be on display for the first time the results of the two workshops, PhotoBooklet, a narrative experience.
In collaboration with: Altarosa, press office




TM-01 VisiVa


TM-01 VISIVA


I testimoni di Cahors è un un progetto del 1998 dell’artista tedesco Jochen Gerz in cui, in occasione del processo a Maurice Papon, ufficiale dell’esercito di Vichy, condannato per crimini contro l’umanitá, intervista una cinquantina di abitanti della cittadina di Cahors della stessa generazione di Papon, chiedendo loro quale fosse la verità. I ritratti fotografici delle persone intervistate, insieme alle risposte, sono attaccati a cartelloni pubblicitari disseminati per la cittá e pubblicati nel quotidiano “La Depeche du Midi”.
L’intento di questo lavoro é quello di creare una storia parallela in cui la verità personale e intima delle persone, si unisce alla storia sociale e pubblica, in un tentativo di fornire una testimoninanza altra, rispetto a quelle date dai mezzi di informazione.
In un processo inverso le storie dei Photo booklet di TM-01 VisiVa partono da storie personali, a volte estremamente intime e fragili, per comunicare con la popolazione e diventare storie di tutti, storie di vita.
 La memoria è alla base di un innesco di processi relazionali, in cui la dimensione dialogica è data proprio dalla capacità di queste storie di rendersi collettive.
 TM-01 Visiva é un insieme di possibilitá, di conoscenze, di narrazioni che si sviluppano in un processo in cui creazione e indagine conoscitive si bilanciano. Raccontare una storia é un modo per identificare se stesso, per trovare il proprio io, ma anche per riconoscersi in un gruppo.
La narratività permette una fruizione libera e lineare e, allo stesso tempo, aperta alle interpretazioni significative degli eventi della vita e della quotidianitá. Questi Photo booklet sono singolari e personali visioni del mondo che vengono socializzate partendo dalla costruzione di un proprio universo reso accessibile a tutti.

Francesca Biagini

martedì 22 marzo 2016


Blind Injections | Giacomo Raffaelli

Sonic Somatic è un festival diffuso che coinvolge luoghi diversi della città di Firenze: il cortile di Palazzo Strozzi, il Cimitero degli Inglesi, il Museo Marino Marini e l’Osservatorio di Arcetri, all’interno dei quali vengono presentati progetti sonori site-specific in contatto con l’identità culturale e l’architettura della citta’ di Firenze.
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 installation view at Arcetri Astrophysical Observatory courtesy: the artist and Sonic Somatic
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 installation view at Arcetri Astrophysical Observatory courtesy: the artist and Sonic Somatic
Nella biblioteca dell’Osservatorio di Arcetri Giacomo Raffaelli (Rovereto,1988) ha realizzato Blind Injections, un’installazione audiovisiva che esplora l’attività dell’interferometro VIRGO, rilevatore di onde gravitazionali presente nella provincia di Pisa.  La pratica artistica di Giacomo Raffaelli negli ultimi anni si è soffermata sugli aspetti periferici e collaterali della ricerca scientifica.
VIRGO e’ composta da due lunghi tunnel di 3 km blu che si estendono nella campagna pisana dai quali parte un raggio laser finalizzato alla ricerca delle onde gravitazionali al fine di sondarne l’esistenza in quanto fenomeno ancora rimasto oscuro. Le onde gravitazionali sono l’unica parte della teoria di Einstein del 1916 di cui non è mai stata trovata prova diretta in natura.
L’interferometro è un apparato che sonda l’universo in uno spettro di frequenze che è perfettamente coincidente con quello dell’orecchio umano: questo ha portato alla creazione di un dipartimento all’interno di VIRGO che specificatamente si dedicasse all’ascolto della macchina e i disturbi dell’apparato il cui nome è Centro di diagnostica uditiva, il corpo umano percio’ interagisce con il suono e ne fa da tramite.
Queste curve di sensibilità hanno ispirato la soglia dell’installazione su cui è recata la scritta devi cercare tutti I rumori che limitano la tua sensibilità ,frase estrapolata dal contesto scientifico riferito al ruolo che deve svolgere l’interferometro, e resa elemento di ingresso all’installazione sonora, abbandonando la propria specifica tecnicità.
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 still from video courtesy: the artist and Sonic Somatic
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 still from video courtesy: the artist and Sonic Somatic
I video presenti sul ballatoio della biblioteca esplorano il tentativo di immobilizzare perfettamente l’apparato di VIRGO attraverso una struttura che è in realtà in perpetuo movimento nel tentativo utopico di cercare di immobilizzare un oggetto portandolo nello spazio cosmico e astraendolo dal pianeta. Nelle sequenze filmiche tutto è in movimento proprio perche’ per immobilizzare del tutto un oggetto si deve creare una struttura che in realta’ e’ completamente mobile. L’audio di Blind Injections, pensato per essere diffuso all’interno della Biblioteca, è una rielaborazione della banca dati dei rumori identificati dallo strumento VIRGO dalle cui curve di sensibilita’ sono stati estrapolati tali suoni: suoni funzionali, catalogati come disturbi ma dall’artista trattati secondo il loro aspetto sonoro e uniti in un ‘unica composizione quadrifonica.
Non c’e’ relazione diretta tra i due elementi dell’installazione, seppur entrambi provenienti dalla stessa fonte, semplicemente rispondono a quello che è l’aspetto utopico di questo esperimento.
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 still from video courtesy: the artist and Sonic Somatic
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 still from video courtesy: the artist and Sonic Somatic
VIRGO è un’attitudine, uno stato d’animo e un punto di congiungimento tra arte e scienza in quanto entrambe le discipline possiedono l’analoga predisposizione alla costante indagine che porta a porsi continue domande che non sempre genereranno risposte ma solo altre domande, aprendo pero’ piu’ punti di vista, e permettendo di spaziare maggiormente nella nostra conoscenza. L’arte puo’ essere un veicolo per la scienza cosi come la scienza lo puo’ essere per l’arte.
Il titolo Blind injection rappresenta un elemento di oscurità e cecità legato al sonoro ma è anche un’operazione specifica ache avviene all’interno dei laboratori di VIRGO. Il centro scientifico con sede nelle vicinanze di Pisa e’ collegato a due esperimenti partner negli Stati Uniti che, per arrivare a captare un’onda gravitazionale, devono essere attivi contemporaneamente e devono sapere lavorare all’ unisono in modo perfetto: per testare questa capacita’ gli scienziati di VIRGO hanno pensato di dare il compito ad un ente esterno da loro di immettere nei loro sistemi un’onda gravitazionale a tradimento, finta, per essere certi di saper gestire la procedura nel caso in cui accadesse davvero, e questa operazione si chiama Blind Injection.
Francesca Biagini
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015 installation view at Arcetri Astrophysical Observatory courtesy: the artist and Sonic Somatic
Giacomo Raffaelli, Blind Injections, 2015
installation view at Arcetri Astrophysical Observatory
courtesy: the artist and Sonic Somatic

I can reach you (from one to many)


I can reach you (from one to many) è una mostra articolata in tre progetti diversi che si sono sviluppati tramite residenze presso la Tenuta dello Scompiglio e che propongono una riflessione sul tema del dialogo e dell’incontro, ampliando la fase espositiva grazie al coinvolgimento del pubblico con un calendario di incontri e appuntamenti fino a marzo 2016.
Bianco-Valente Frequenza fondamentale, 2015 Courtesy gli Artisti e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Bianco-Valente, Frequenza fondamentale, 2015, Courtesy gli Artisti e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Il lavoro collettivo tra i curatori (Daria Filardo, Pietro Gaglianò e Angel Moya Garcia) e gli artisti (Bianco-ValenteClaudia Losi Valerio Rocco Orlando) ha portato ad un’elaborazione del significato di relazionarsi con gli altri, (raggiungere, cioè anche toccare, ma anche comprendere/capire) trasformandolo in un diagramma  che si dirama da uno a molti, verso linguaggi molteplici che comunicano e producono pensiero critico. La mostra si configura come un’esperienza di esplorazione di possibilità più che come un’esposizione di progetti singoli.
Nel grande spazio espositivo della Tenuta dello Scompiglio si trova l’installazione Frequenza Fondamentale del duo artistico Bianco-Valente. In questo spazio-tempo alterato da suoni e luci che riprendono la massa e la velocità di rivoluzione dei pianeti del sistema solare, proviamo a orientarci piegando e dispiegando la nostra interiorità ed emotività grazie a questa frequenza di incontri, geologicamente in relazione tra il nostro corpo e quello degli altri. Attraverso una connessione di energie e parallelismi tra la dislocazione espositiva sotteranea e i moti rotatori dei pianeti, gli artisti inventano dentro lo spazio espositivo un nuovo universo la cui materia strutturale sono le relazioni umane.
Bianco-Valente, Frequenza fondamentale, 2015 Courtesy gli Artisti e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Bianco-Valente, Frequenza fondamentale, 2015
Courtesy gli Artisti e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Dove il passo di Claudia Losi è il racconto del pellegrinaggio dell’artista da Piacenza allo Scompiglio. Nell’estetica relazionale dell’opera il viaggio diventa una forma di conoscenza, di riflessione e di dialogo con il territorio in cui si incontrano dei punti di riferimento, come gli indicatori orientativi del camminatore, che si trasformano in esperienze personali, parole, colori e misure. Il ritmo del passo ,in quanto rallentato, intensifica la percezione di tracce geografiche ed emotive.
Claudia Losi Dove il passo, 2015 Courtesy l’Artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Claudia Losi, Dove il passo, 2015, Courtesy l’Artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Il lavoro di Valerio Rocco OrlandoUna domanda che cammina, riflette sempre sul tema del cammino ma con uno studio diviso per fasi, di cui vediamo la prima tappa durante l’inaugurazione della mostra in cui il linguaggio si fa pellegrino. All’interno di un laboratorio in cui i partecipanti sono invitati a tracciare le successive tappe tra Lucca e Altopascio, il pubblico diventa attivo creatore dell’opera tramite un discorso rivolto ad una persona alla volta  su temi come ospitalità e pellegrinaggio come produzione di nuovi significati.
Francesca Biagini
Valerio Rocco Orlando Una domanda che cammina, 2015 Courtesy l’Artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio
Valerio Rocco Orlando, Una domanda che cammina, 2015, Courtesy l’Artista e Associazione Culturale Dello Scompiglio

Betty Woodman e Fredrik Vaerslev: doppia personale al Museo Marino Marini

Presso il Museo Marino Marini di Firenze sono esposti i lavori di Betty Woodman (1930) e Fredrik Vaerslev (1979), due artisti molto distanti per collocazione geografica, generazione e linguaggio artistico, ma limitrofi nella costante ricerca oltre il proprio medium verso continue contaminazioni.
Betty Woodman, Fra Angelicos Room_Courtesy the artist and Isabella Bortolozzi Galerie, foto Bruno Bruchi

La mostra dell’artista americana Betty Woodman (vissuta per molti anni in Italia ad Antella, frazione di Bagno a Ripoli), curata da Vincenzo De Bellis, si concentra particolarmente sugli ultimi 15 anni di produzione artistica, seppur la sua carriera con la ceramica abbia avuto inizio nel 1950.
Per l’artista la ceramica è come un linguaggio che diventa spontaneo come gli automatismi del pensiero. La sua è una ceramica che dalle arti decorative si è avvicinata fino a punti di congiunzione con la pittura, sia tramite un dialogo diretto e relazionale come negli spazi del museo tramite il confronto con le opere dell’artista Marino Marini o con la tradizione del rinascimento italiano, sia tramite uno sguardo referenziale verso le forme e i colori di artisti come  Picasso o Matisse.
Il percorso espositivo si apre con l’opera Of Botticelli, 2013 con ceramiche che si presentano in forma di colonna riprendendo la tradizione del rinascimento e delle vedute a trompe l’oeil da cui si scorgono paesaggi dell’immaginario.
Betty_Woodman_ Of Botticelli_Courtesy the artist and Isabella Bortolozzi Galerie
Betty_Woodman_ Of Botticelli_Courtesy the artist and Isabella Bortolozzi Galerie
L’artista forza i limiti  del suo mezzo d’elezione unendo nelle sue opere più recenti elementi tridimensionali con tele, opere che lei stessa definisce pitture con giochi di prospettiva.
Nel Sacello della cripta l’artista opera una riflessione più amplia che parte proprio dall’emblema e dalla tradizione dell’arte decorativa in ceramica cioè il vaso o l’anfora, tramite un’analisi di metalinguaggio, che parte dalla lavorazione stessa della ceramica che da oggetto plastico e plasmabile si fa materia rigida, per arrivare al suo basamento in legno, in cui scultura e base si influenzano e commistionano a vicenda.
L’ambiente domestico è un costante riferimento nelle opere esposte, sia nei titoli, sia nell’utilizzo della tela, ad esmpio appoggiata a terra come un tappeto. Al secondo piano si pongono in stretto dialogo le opere dell’artista Americana e le sculture di Marino Marini della collezione permanente. La figura femminile è al centro di questa relazione tra i vasi colorati di Betty Woodman con donne orientali, nudi e amanti, in cui gli smalti e le resine traducono una femminilità delicata e le figure in gesso e bronzo dell’artista italiano dai volumi pieni e saldi che si figurano impenetrabili, ma proprio in questo rapporto ne risultano esaltate le forme, nell’alternarsi di linea retta e giocosa sinuosità.
Betty Woodman Low Triptych Seaside Still Life foto Bruno Bruchi

L’artista norvegese Fredrik Vaerslev presenta in questa mostra a cura di Alberto Salvadori due serie di opere create appositamente per gli spazi del Marino Marini : Trolley Paintings e Glass Paintings.
trolley paintings sono realizzati con una straiping machine come quelle utilizzate per marcare i campi di atletica o strade e autostrade, il cui movimento automatico e predefinito della macchina e’ lasciato al caso mettendo in conto in questo modo l’accidentale malfunzionamento della macchina stessa e la possibilità di spruzzi e perdite.
Frederik Vaerslev, Untitled 2015 Spray paint on frosted plexi / Wooden support / light bulb and power cord Unique
Frederik Vaerslev, Untitled 2015, Spray paint on frosted plexi / Wooden support / light bulb and power cord
Andando oltre l’autoriale controllo, l’artista permette al gesto di esprimersi liberamente e al processo di entrare nell’astrazione.
I lavori in vetro segnano un contrappunto formale corripsettivo alle tele. Riprendendo oggetti della cultura folk norvegese derivati dalla tradizione artigianale della comunità rom, sono in vetro traslucido smerigliato. Illuminati da una lampadina montata su in piedistallo come un’opera scultorea, la luce che ne deriva permette alle trasparenze e al vetro di ricreare un’atmosfera suggestiva che esalta  lo spazio espositivo e di conseguenza presenta coerentemente la propria collocazione in esso.
La pittura viene posta direttamente sul vetro con una bomboletta spray e poi pressata a terra e rimossa con carta igienica e raschia-ghiaccio. L’astrazione dell’opera non lascia traccia della peculiarità del processo creativo, seppur si ricolleghi alla tradizione della lavorazione della pietra, ma permette tramite l’immaginazione di ricreare paesaggi e scenari fantastici.
Francesca Biagini
Frederik Vaerslev, Untitled 2015 Spray paint, Thinner and turpentine on linen canvas Wooden stretcher Unique 150 x 200 cm
Frederik Vaerslev, Untitled 2015
Spray paint, Thinner and turpentine on linen
canvas Wooden stretcher
Unique
150 x 200 cm
Frederik Vaerslev, Untitled 2015 Spray paint, Thinner and turpentine on linen canvas Wooden stretcher Unique 150 x 200 cm
Frederik Vaerslev, Untitled 2015
Spray paint, Thinner and turpentine on linen
canvas Wooden stretcher
Unique
150 x 200 cm
 Betty in her studio Italy 2012




WALKING ON THE PLANET

Gli artisti che hanno abitato San Giovanni Valdarno hanno indagato lo spazio confrontandosi con il suolo pubblico e i luoghi adibiti all’esposizione e intessendo relazioni reciproche riguardo al ruolo dell’arte come fattore di dialogo tra persone e ambiente.
20 giugno –26 luglio 2015
Casa Masaccio | Casa Giovanni Mannozzi | Palazzo Panciatichi
San Giovanni Valdarno
a cura di Pietro Gaglianò
con Vincenzo Cabiati, Pierluigi Calignano, Remen Chopra, Gaetano Cunsolo, Fabio Cresci, Giovanni De Lazzari, Orietta Fineo, Vibha Galhotra, Francesco Lauretta, Concetta Modica e Sophie Usunier, P.S. Jalaja, Pantani-Surace
e con la collaborazione di  Matteo Coluccia, Simona Di Giovanni, Stefano Macaione e Daniela Pitrè
Walking on the Planet è un progetto di residenza artistica in cui nove artisti italiani ( entrati precedentemente in contatto con il terriotorio toscano tramite la collaborazione con Madeinfilanda) e tre artiste indiane hanno dialogato, creando opere site-specific, con il terriorio di San Giovanni Valdarno.
I tredici artisti, i cui lavori hanno portato a episodi di coesione e dialogo con il pubblico, hanno allestito i loro lavori negli spazi di Casa Masaccio e Casa Giovanni Mannozzi.
La Camera delle Meraviglie, allestito nello storico Palazzo Panciatichi, con le opere di diciassette artisti presenti in scorse edizioni di Madeiniflandia, affianca i progetti degli artisti in residenza, riprendendo le Wunderkammer cioè i gabinetti delle curiosità della tradizione rinascimentale e riproponendo una raccolta, uno studiolo privato, di opere dalle caratteristiche eccezionali e capaci di creare stupore ( mirabilia) indagando i confini tra naturalia e artificialia.
Gli artisti coinvolti sono Adalberto AbbateStefano ArientiBianco-ValenteFrancesco Carone,Antonio CatelaniFrancesco De GrandiMarta Dell’AngeloPaolo FabianiSerena Fineschi,Michele GuidoAmedeo MarteganiNero/Alessandro NerettiPaolo ParisiLuca PozziLuigi PresiccePedro Riz à PortaEugenia Vanni.
Camminare muta il rapporto spazio-tempo-persona, delineando fasi di cambiamento, attraversamento e arrivo e allo stesso tempo permettendo di esplorare l’ambiente circostante con una maggiore lentezza contemplativa e conoscitiva.  Nella residenza a San Giovanni Valdarno, si sono create narrazioni i cui significati mutano a seconda della personale visione dell’artista.  Per l’apertura dell’inaugurazione, l’artistaFabio Cresci ha proposto un dialogo aperto con una giovane escursionista, in cui le tematiche di viaggi, orientamento e strapiombi sono divenute metafore della pratica artistica, se non della vita stessa, intesa come continua capacità di preservare un pensiero critico ed indipendente, come continua resistenza.
La foto manifesto di Walking on the planet ricorda l’episodio del matrimonio delle volpi tratto dal film Sognidi Akira Kurosawa. Il bambino protagonista (nonostante sia stato avvertito dalla madre di non inoltrarsi nel bosco quando c’è l’arcobaleno perché i demoni volpe celebrano i loro matrimoni in queste occasioni e non vogliono essere visti), disubbidisce e intraprende il suo personale e duplice viaggio alla scoperta di quello che si rivelerà essere il cammino verso la sua crescita, l’assunzione di responsabilità, l’iniziazione all’età adulta. L’analisi del territorio circostante permette di riformulare le categorie del pensiero. Le storie iniziano quasi tutte con un viaggio che nelle sue fasi di separazione, svolgimento e arrivo/integrazione, comportano un’evoluzione altra, come esperienza meditativa in cui si ricongiunge il legame, quasi atavico, tra l’atto del camminare e l’atto di creare arte inteso anche come fondazione di nuove relazioni sociali all’interno del luogo.
Walking on the planet e’ uno degli eventi/mostre all’interno del nutrito programma del Museo Casa Masaccio.
Francesca Biagini