mercoledì 27 marzo 2013
If I could eat an idea,I would have made my
revolution
What should I answer to the questions " What is Art?","Is this Art in your opinion?"
Heiddeger in 1935 questioned and speculated about defining this holy Grail that art is. We can stimulate a positive emesis of our minds reading "The origin of the work of art".
We can begin from the analysis of a work of art: any other thing, with a supplement of special properties, although the definition of a thing is questionable. We then reach an overturning of the initial proposition discovering that it isn't any other thing that allows us to understand the nature of the work of art but the work of art that allows us to understand the any other thing. The work of art exposes a historical and cultural world that doesn't exhaust itself but it has a materiality that appears to us in its implementation. The work of art is the implementation of the truth. This truth can bind the common sense of time.
A while ago i was reading "Deception" of Philip Roth. I found a sentence that made me think about Heiddeger and about art..."when a writer worthy of his name reaches 36 years of age, he doesn't translate his experience in a fairytale: he imposes his fairytales to the experiences".
sabato 23 marzo 2013
ELENA EL ASMAR/L'ESERCIZIO DEL LONTANO
Un esercizio, quello di Elena El Asmar (Firenze 1978), che ci permette di fluttuare all’interno del nostro lontano, del ricordo, della memoria che, citando Montale, “si aggiunge all’esistente come un’aureola di nebbia al capo.”
Il progetto inedito presentato dall’artista è site-specific per gli spazi della SRISA Gallery e si struttura all’interno dell’architettura della galleria in un percorso organico sostenuto dalla formalità dei materiali utilizzati.
"L’esercizio del lontano” è un’attività del pensiero che ci permette di postulare un confronto d’idee, un’espressione dialogica in una sorta di “pedagogia” del lontano. Esso si muove nell’equilibrio/squilibrio che oscilla tra ricordo e memoria, in cui le immagini che provengono da una dimensione passata si fanno forma (incongrua) nel presente. Il ricordo, quel consolatore molesto, si applica alla memoria che lo trasforma e lo rende hic et nunc; riconsegnandolo come tale, diventa non più qualcosa che si perde nel valore del tempo e delle nostalgie di Mnemosine, ma una cosa (ri)trovata, che l’artista presenta a noi e, reso forma, protrae nel futuro.
L’opera d’arte (che è cosa dotata di un supplemento speciale) è il feticistico oggetto da cui traiamo quel conforto di cui si necessita. Forse si richiede uno sforzo immaginativo che renda presente ciò che è assente e che riconsegni in modo organico le percezioni sfuggenti grazie cui ogni percezione passata viva in quella presente. Questo esercizio del lontano acquista il suo valore nel discostarsi da tale nostalgia per arrivare in una realtà (artista mediator) che lo rende proprio.
Il percorso si compone negli accostamenti guidati dall’allestimento, in cui si sospendono gli ordini temporali. Opere che presentano l’espansione melodica tipica dell’aria, che come nella lirica musicale ci conducono l’una all’altra, come candide sinfonie. La delicatezza dei tratti, rarefatti, ariosi costruiti in sensibili grafismi, sembra provenire da quel lontano, che si stratifica in docili passaggi dell’anima.
Ci troviamo di fronte ad opere che possono assumere valori diversi, sentimenti multiformi come tessuti leggeri, ornati preziosi che si muovono sulle variabili del tempo, in dolci rilievi impercettibili che assumono la matericità di quell’epoca assoluta che è il ricordo. Le immagini morbide sembrano fluttuare in superficie quasi come scritture cuneiformi. Nel cuore della galleria troviamo le sculture, come città sopraelevate sospese nell’etere, architetture mamelucche, fatte di materiali umili, quotidiani, multiformi, che si compongono in una panoramica sinuosa tra cui potersi muovere ed esplorarle nella loro varietà. Città che ci seguono, che ci mostrano un altro mare, situate su piattaforme composite che, alla fine del percorso espositivo, invadono lo sguardo nella loro seducente tridimensionalità, traghettandoci verso un oltre in cui sentirsi altrove.
martedì 19 marzo 2013
To be told
The knowledge as an instrument to shorten distances.
Never in this time, in an emptiness of historicization, it is
important to maintain the memory of your own roots; only through their recovery
there can be social evolution.
The research of consent looks with suspicion any form of freedom
and creativity perceiving it as dangerous, and at times, even the memory falls
into this category.
Due to the media and migrations, that connect people throughout
distances, our world seems to transform itself more and more into a global
village. Within this process, the adequate tools to accept and understand the
diversities are not supplied.
The stories of “To be told” narrate the identity that balances
between oblivion and musealization, in a continuous tension, that testify of a
gap between places and generations, showing an often common anthropologic
matrix. In a Europe wide evolution of standardization, it is necessary if not a
priority, to define what a minority is; in order to favor the safeguard of them
and to permit their integration.
Within the many stories, the experiences of traumatic punctum that
break the continuity, are recurring; events that crack the connective tissue of
self seen as a waste of identity. Being part of a minority doesn’t only acquire
a meaning under a collective ethnographic, social and historic point of view
but it becomes an integration in the identification of the individual.
The protection of the minority’s rights is one of the most
important aspect of the European Union’s program related to the defense of
human rights, that implicates the awareness of the importance of identities and
diversities for the creation of democratic and pluralist societies.
The stories of “To be told” have been shared orally throughout the
workshop and spread globally through an online platform. They act like the oral
tradition of fairytales that anciently had the purpose of knowledge’s
transmission and the reaffirmation of traditional values, contributing
indirectly to the perpetuation of memory, to the regulation of everyday life
and to the valorization of uses.
“To be told” places itself as a creative and individual act, where
the artistic expression of each participant finds the possibility to realize
itself in multiple expressive forms. Too often we tend to not appreciate
enough, in a sort of suspension of the critic consciousness, these stories that narrate about those cultural and ethnic
minorities.
courtesy of Pamela Barberi, The Dance Of Zolongo
courtesy of Pamela Barberi, The Dance Of Zolongo
venerdì 15 marzo 2013
MA
La prima volta mi sono innamorato
dello splendore dei tuoi occhi
del tuo riso
della tua gioia di vivere
Adesso amo anche il tuo pianto
e la tua paura di vivere
e il timore di non farcela
Ma contro la paura
ti aiuterò
perché la mia gioia di vivere
è ancora lo splendore dei tuoi occhi
Erich Fried
Untitled (perfect lovers) 1991-Felix Gonzalez-Torres
Untitled 1991-Felix Gonzales-Torres
domenica 10 marzo 2013
KAFKA DOCET
Volti stranianti, enigmatici, spaesanti.
Il progetto fotografico di Lorenzo Acciai parte dalla selezione dei soggetti, dei volti come lastre dei sentimenti umani. Soggetti legati da parentela, la cui unione ne definisce le somiglianze.
I processi di manipolazione delle foto, nel susseguirsi, si mescolano alla prospettiva totale del progetto che si situa, allo stesso tempo, nel prima e nel dopo, nella scelta e nel morphing in cui la serie acquista un suo significato collettivo.
Nei processi di formazione dell’identità, l’identificazione si pone come prima essenziale componente; il modello in posa prende coscienza di sé come immagine non come intero che, nel Facemerge, diventa esemplificativa di una problematicità identificativa pirandelliana.
Si viene a delineare così la ricerca delle figure similari, con le quali si condividono delle comunanze ( la consanguineità , la famiglia), un’ appartenenza definibile come un noi.
Tramite un susseguirsi di processi, una sorta di metamorfosi kafkiana, si stabilisce il processo di distacco per arrivare all’individuazione che può avvenire solo dopo un assoluto distanziamento.
Si viene a delineare così la ricerca delle figure similari, con le quali si condividono delle comunanze ( la consanguineità , la famiglia), un’ appartenenza definibile come un noi.
Tramite un susseguirsi di processi, una sorta di metamorfosi kafkiana, si stabilisce il processo di distacco per arrivare all’individuazione che può avvenire solo dopo un assoluto distanziamento.
I facemerge sono una transizione, qualcosa di nuovo ma di indefinito, che si muove tra l’identificazione e l’individuazione.
Questi scatti, dopo una prima familiarità, creano nell’osservatore un effetto di perturbante, un punctum di disturbo, lo spaventoso del familiare ed estraneo simultaneo, un’attrazione verso l’altro disarmonico.
L’occhio fotografico ci rivela la realtà anzi, di più, la macchina fotografica diventa ciò che riesce a vedere oltre l’occhio umano.
C’e'anche un ritorno ad una fotografia nella sua essenzialità arcaica, muovendosi in uno spazio tra l’analogico e il fotoritocco, il tradizionale e il contemporaneo. L’origine e l’originialità della fotografia che riemergono.
Barthes parlando di certe fotografie osserva che sono in grado di rivelare in noi la presenza di un antenato, un qualcosa che va al di là del volto reale, un tratto genetico, un pezzo di sé stessi che ci viene da un parente, un ascendente. Il ritratto diventa rivelatore, tramite la somiglianza genetica, ci mostra l’anima vera di un uomo, un’unità più antica e sostanziale, che annega l’individualità dei soggetti ma, allo stesso tempo, la dilata in qualcosa che va al di là del tempo e dell’io.
father/daughter#1-Facemerge- © Lorenzo Acciai
father/daughter#2-Facemerge- © Lorenzo Acciai
sabato 9 marzo 2013
INCORRECT.
VOL.III
The static electric effect of Minnie Mouse on Mickey Mouse balloons-Les Krims
Making chicken soup-Les Krims-1972
EXHIBITION
DESECRATOR – LESLIE KRIMS
Galleria d’arte Paola Meliga Torino, 13 febbraio – 4 aprile 2013
http://julietartmagazine.com/desecrator/#.UTyPhj8JIeA.facebook
VOL.III
The static electric effect of Minnie Mouse on Mickey Mouse balloons-Les Krims
Making chicken soup-Les Krims-1972
"This book is dedicated to my mother and concerned photographers, both make chicken soup." Krims felt that "socially concerned" photography was a palliative, just as chicken soup was—in the long run, an ineffective remedy for serious disease.
FICTCRYPTOKRIMSOGRAPHS- Les Krims-polaroid SX-70 camera
FICTCRYPTOKRIMSOGRAPHS-chicken pisher pitcher picture-Les Krims- 1974
The grotesque in photography-Les Krims-1974
EXHIBITION
DESECRATOR – LESLIE KRIMS
Galleria d’arte Paola Meliga Torino, 13 febbraio – 4 aprile 2013
http://julietartmagazine.com/desecrator/#.UTyPhj8JIeA.facebook
venerdì 8 marzo 2013
POLITICALLY INCORRECT
VOL.I
Instructions on how to be politically incorrect-Erwin Wurm
Inspection
Instructions on how to be politically incorrect-Erwin Wurm
Looking for a bomb
Instructions on how to be politically incorrect-Erwin Wurm
Looking for a bomb
Instructions on how to be politically incorrect-Erwin Wurm
Two ways of carrying a bomb
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